Page 1304 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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Giorgio gli disse che aveva una lettera del commessario d'Arezzo, la quale
andava al Cardinale e che lo pregava volesse dargliele; la quale cosa
mentre prometteva Messer Marco di far tostamente, ecco che appunto
arriva quivi il Cardinale. Per che fattosegli Giorgio incontra e presentata la
lettera, con basciargli le mani, fu ricevuto lietamente e poco appresso
commesso a Iacopone da Bibbiena, maestro di casa, che l'accomodasse di
stanze e gli desse luogo alla tavola de' paggi. Parve cosa strana a
Francesco che Giorgio non gl'avesse conferita la cosa, tuttavia pensò che
l'avesse fatto a buon fine e per lo migliore.
Avendo dunque Iacopone sopra detto dato alcune stanze a Giorgio dietro a
Santo Spirito e vicine a Francesco, attesero tutta quella vernata ambidue di
compagnia con molto profitto alle cose dell'arte, non lasciando né in
palazzo, né in altra parte di Roma, cosa alcuna notabile la quale non
disegnassono. E perché quando il Papa era in palazzo non potevano così
stare a disegnare, subito che Sua Santità cavalcava, come spesso faceva,
alla Magliana, entravano per mezzo d'amici in dette stanze a disegnare, e
vi stavano dalla mattina alla sera senza mangiare altro che un poco di
pane e quasi assiderandosi di freddo. Essendo poi dal cardinale Salviati
ordinato a Francesco che dipignesse a fresco nella cappella del suo
palazzo, dove ogni mattina udiva messa, alcune storie della vita di San
Giovanni Battista, si diede Francesco a studiare ignudi di naturale e Giorgio
con esso lui, in una stufa quivi vicina, e dopo feciono in Camposanto alcune
notomie.
Venuta poi la primavera, essendo il cardinale Ipolito mandato dal Papa in
Ungheria, ordinò che esso Giorgio fusse mandato a Firenze e che quivi
lavorasse alcuni quadri e ritratti, che aveva da mandare a Roma. Ma il
luglio vegnente fra per le fatiche del verno passato et il caldo della state,
amalatosi Giorgio, in ceste fu portato in Arezzo, con molto dispiacere di
Francesco, il quale infermò anch'egli e fu per morire. Pure guarito
Francesco, gli fu per mezzo d'Antonio Abaco, maestro di legname, dato a
fare da maestro Filippo da Siena, sopra la porta di dietro di Santa Maria
della Pace, in una nicchia, a fresco un Cristo che parla a San Filippo, et in
due angoli la Vergine e l'Angelo che l'annunzia, le quali pitture, piacendo
molto a mastro Filippo, furono cagione che facesse fare nel medesimo
luogo in un quadro grande che non era dipinto, dell'otto facce di quel
tempio, un'Assunzione di Nostra Donna. Onde considerando Francesco
avere a fare quest'opera, non pure in luogo publico, ma in luogo dove
erano pitture d'uomini rarissimi, di Raffaello da Urbino, del Rosso, di
Baldassarri da Siena e d'altri, mise ogni studio e diligenza in condurla a olio
nel muro, onde gli riuscì bella pittura e molto lodata, e fra l'altre è tenuta
bonissima figura il ritratto che vi fece del detto maestro Filippo con le mani