Page 1305 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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giunte. E perché Francesco stava, come s'è detto, col cardinale Salviati et
era conosciuto per suo creato, cominciando a essere chiamato e non
conosciuto per altro che per Cecchino Salviati, ha avuto insino alla morte
questo cognome.

Essendo morto papa Clemente Settimo e creato Paulo Terzo, fece
dipignere Messer Bindo Altoviti, nella facciata della sua casa in ponte

Sant'Agnolo, da Francesco l'arme di detto nuovo pontefice con alcune
figure grandi et ignude, che piacquero infinitamente. Ritrasse ne' medesimi
tempi il detto Messer Bindo, che fu una molto buona figura et un bel
ritratto, ma questo fu poi mandato alla sua villa in San Mizzano in

Valdarno, dove è ancora; dopo fece per la chiesa di San Francesco a Ripa
una bellissima tavola a olio d'una Nunziata, che fu condotta con
grandissima diligenza. Nell'andata di Carlo Quinto a Roma l'anno 1535,
fece per Antonio da San Gallo alcune storie di chiaro scuro, che furono

poste nell'arco che fu fatto a San Marco, le quali pitture, come s'è detto in
altro luogo, furono le migliori che fussero in tutto quell'apparato. Volendo
poi il signor Pierluigi Farnese, fatto allora signor di Nepi, adornare quella
città di nuove muraglie e pitture, prese al suo servizio Francesco, dandogli

le stanze in Belvedere, dove gli fece in tele grandi alcune storie a guazzo
de' fatti d'Alessandro Magno che furono poi in Fiandra messe in opera di
panni d'arazzo. Fece al medesimo signor di Nepi una grande e bellissima
stufa con molte storie e figure lavorate in fresco. Dopo essendo il

medesimo fatto duca di Castro, nel fare la prima entrata fu fatto con ordine
di Francesco un bellissimo e ricco apparato in quella città et un arco alla
porta tutto pieno di storie e di figure e statue fatte con molto giudizio da
valentuomini, et in particolare da Alessandro detto Scherano scultore da

Settignano. Un altro arco a uso di facciata fu fatto al Petrone et un altro
alla piazza, che quanto al legname furono condotti da Batista Botticegli, et
oltre all'altre cose fece in questo apparato Francesco una bella scena e
prospettiva per una comedia che si recitò.

Avendo ne' medesimi tempi Giulio Camillo, che allora si trovava in Roma,

fatto un libro di sue composizioni per mandarlo al re Francesco di Francia,
lo fece tutto storiare a Francesco Salviati, che vi mise quanta più diligenza
è possibile mettere in simile opera. Il cardinal Salviati, avendo disiderio
avere un quadro di legni tinti, cioè di tarsia, di mano di fra' Damiano da
Bergamo converso di S. Domenico di Bologna, gli mandò un disegno come

volea che lo facesse, di mano di Francesco, fatto di lapis rosso; il quale
disegno, che rappresentò il re Davit unto da Samuello, fu la miglior cosa e
veramente rarissima che mai disegnasse Cecchino Salviati. Dopo, Giovanni

da Cepperello e Battista gobbo da San Gallo, avendo fatto dipignere a
Iacopo del Conte fiorentino, pittore allora giovane, nella Compagnia della
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