Page 1318 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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modo avversario, e se ne videro manifestissimi segni; perciò che Pirro
cominciò a dire al Papa, che essendo in Roma molti giovani pittori e
valentuomini, che a voler cavare le mani di quella sala sarebbe stato ben
fatto allogar loro una storia per uno e vederne una volta il fine. I quali

modi di Pirro, a cui si vedeva che il Papa in ciò acconsentiva, dispiacquero
tanto a Francesco, che tutto sdegnato si tolse giù dal lavoro e dalle
contenzioni, parendogli che poca stima fusse fatta di lui. E così montato a
cavallo, senza far motto a niuno, se ne venne a Fiorenza, dove tutto

fantastico, senza tener conto d'amico che avesse, si pose in uno albergo,
come non fusse stato di questa patria e non vi avesse né conoscenza, né
chi fusse in cosa alcuna per lui. Dopo, avendo baciato le mani al Duca, fu in
modo accarezzato, che si sarebbe potuto sperare qualche cosa di buono, se

Francesco fusse stato d'altra natura e si fusse attenuto al consiglio di
Giorgio, il quale lo consigliava a vendere gl'ufficii che aveva in Roma e
ridursi in Fiorenza a godere la patria e gl'amici, per fuggire il pericolo di
perdere insieme con la vita tutto il frutto del suo sudore e fatiche

intollerabili. Ma Francesco guidato dal senso, dalla còllora e dal desiderio di
vendicarsi, si risolvette volere tonare a Roma ad ogni modo fra pochi
giorni. In tanto levandosi di su quell'albergo a' prieghi degl'amici si ritirò in
casa di Messer Marco Finale priore di Santo Apostolo, dove fece, quasi per

passarsi tempo, a Messer Iacopo Salviati sopra tela d'argento, una Pietà
colorita, con la Nostra Donna e l'altre Marie, che fu cosa bellissima;
rinfrescò di colori un tondo d'arme ducale, che altra volta avea fatta a
posta sopra la porta del palazzo di Messer Alamanno, et al detto Messer

Iacopo fece un bellissimo libro di abiti bizzarri et acconciature diverse
d'uomini e cavalli per mascherate, per che ebbe infinite cortesie
dall'amorevolezza di quel signore, che si doleva della fantastica e strana
natura di Francesco, il quale non poté mai questa volta, come l'altre avea

fatto, tirarselo in casa.
Finalmente avendo Francesco a partire per Roma, Giorgio come amico gli

ricordò che essendo ricco d'età, mal complessionato e poco più atto alle
fatiche, badasse a vivere quietamente e lasciare le gare e le contenzioni; il
che non arebbe potuto fare commodamente, avendosi acquistato roba et
onore a bastanza, se non fusse stato troppo avaro e disideroso di

guadagnare. Lo confortò oltre ciò a vendere gran parte degl'ufficii che
aveva et a accommodare le sue cose, in modo che in ogni bisogno o
accidente che venisse, potesse ricordarsi degli amici e di coloro che
l'avevano con fede e con amore servito. Promise Francesco di ben fare e

dire e confessò che Giorgio gli diceva il vero, ma come al più degl'uomini
adiviene, che danno tempo al tempo, non ne fece altro.

Arrivato Francesco in Roma, trovò che il cardinale Emulio aveva allogate le
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