Page 1321 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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meglio qualunche cosa, che altro qual si volesse suo pari. E secondo che
dicono, veniva a costui fatto agevolmente ogni cosa, perciò che battuta la
piastra d'argento con alcuni stozzi e quella messo sopra un pezzo d'asse e
sotto cera, sego e pece, faceva una materia fra il duro et il tenero, la quale

spignendo con ferri in dentro et in fuori, gli faceva riuscire quello che
voleva: teste, petti, braccia, gambe, schiene e qualunche altra cosa voleva
o gli era addimandata da chi faceva far voti, per appendergli a quelle sante
imagini che in alcun luogo, dove avessero avuto grazie o fussero stati

esauditi, si ritrovavano. Questo Francesco dunque, non attendendo
solamente a fare boti, come faceva il padre, lavorò anco di tausia et a
commettere nell'acciaio oro et argento alla damaschina, facendo fogliami,
lavori, figure e qualunche altra cosa voleva. Della qual sorte di lavoro fece

un'armadura intera e bellissima da fonte a piè al duca Alessandro de'
Medici, e fra molte altre medaglie che fece il medesimo, quelle furono di
sua mano e molto belle che con la testa del detto duca Alessandro furono
poste ne' fondamenti della fortezza della porta a Faenza, insieme con altre,

nelle quali era da un lato la testa di papa Clemente Settimo e dall'altro un
Cristo ignudo, con i flagelli della sua Passione. Si dilettò anco Francesco dal
Prato delle cose di scultura e gittò alcune figurette di bronzo, le quali ebbe
il duca Alessandro, che furono graziosissime; il medesimo rinettò, e

condusse a molta perfezione, quattro figure simili fatte da Baccio
Bandinelli, cioè una Leda, una Venere et un Ercole et un Apollo, che furono
date al medesimo Duca.

Dispiacendo adunque a Francesco l'arte dell'orefice e non potendo
attendere alla scultura, che ha bisogno di troppe cose, si diede, avendo
buon disegno, alla pittura; e perché era persona che praticava poco, né si

curava che si sapesse più che tanto che egli attendesse alla pittura, lavorò
da sé molte cose. Intanto, come si disse da principio, venendo Francesco
Salviati a Firenze, lavorò nelle stanze che costui teneva nell'Opera di Santa
Maria del Fiore, il quadro di Messer Alamanno; onde con questa occasione

vedendo costui il modo di fare del Salviati, si diede con molto più studio,
che insino allora fatto non aveva, alla pittura; e condusse in un quadro
molto bello una conversione di San Paolo, la quale oggi è appresso
Guglielmo del Tovaglia. E dopo in un quadro della medesima grandezza,

dipinse le serpi che piovono addosso al popolo ebreo; in un altro fece Gesù
Cristo che cava i Santi Padri del limbo, i quali ultimi due, che sono
bellissimi, ha oggi Filippo Spini, gentiluomo che molto si diletta delle nostre
arti. Et oltre a molte altre cose piccole che fece Francesco dal Prato,

disegnò assai, e bene, come si può vedere in alcuni di sua mano che sono
nel nostro libro de' disegni. Morì costui l'anno 1562 e dolse molto a tutta
l'accademia, perché oltre all'esser valentuomo nell'arte, non fu mai il più da
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