Page 1347 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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quanto aveva perduto nella morte del Salviati; imperò che, se bene era
superbo, altiero e di mala natura, era nelle cose della pittura veramente
eccellentissimo. Ma tuttavia essendo mancati in Roma i più eccellenti si
risolvé quel signore, non ci essendo altri, di dare a dipignere la sala

maggiore di quel palazzo a Taddeo, il quale la prese volentieri, con
speranza di avere a mostrare con ogni sforzo quanta fusse la virtù e saper
suo. Aveva già Lorenzo Pucci fiorentino cardinal Santiquattro fatta fare
nella Trinità una capella e dipignere da Perino del Vaga tutta la volta, e

fuori certi Profeti, con due putti che tenevano l'arme di quel cardinale. Ma
essendo rimasa imperfetta e mancando a dipignersi tre facciate, morto il
cardinale, que' padri senza aver rispetto al giusto e ragionevole, venderono
all'arcivescovo di Corfù la detta capella, che fu poi data dal detto

Arcivescovo a dipignere a Taddeo. Ma quando pure per qualche cagione e
rispetto della chiesa fusse stato ben fatto trovar modi di finire la capella,
dovevano, almeno in quella parte che era fatta, non consentire che si
levasse l'arme del Cardinale per farvi quella del detto Arcivescovo, la quale

potevano mettere in altro luogo e non far ingiuria così manifesta alla
buona mente di quel Cardinale. Per aversi dunque Taddeo tant'opere alle
mani, ogni dì sollecitava Federigo a tornarsene da Venezia, il quale
Federigo, dopo aver finita la capella del patriarca, era in pratica di tòrre a

dipignere la facciata principale della sala grande del consiglio, dove già
dipinse Antonio Viniziano. Ma le gare e le contrarietà che ebbe dai pittori
veniziani furno cagione che non l'ebbero né essi con tanti lor favori, né egli
parimente. In quel mentre Taddeo, avendo disiderio di vedere Fiorenza e

le molte opere che intendeva avere fatto e fare tuttavia il duca Cosimo et il
principio della sala grande che faceva Giorgio Vasari amico suo, mostrando
una volta d'andare a Caprarola in servizio dell'opera che vi faceva, se ne
venne, per un San Giovanni, a Fiorenza, in compagnia di Tiberio Calcagni,

giovane scultore et architetto fiorentino, dove oltre la città gli piacquero
infinitamente l'opere di tanti scultori e pittori eccellenti, così antichi come
moderni; e se non avesse avuto tanti carichi e tante opere alle mani, vi si
sarebbe volentieri trattenuto qualche mese. Avendo dunque veduto

l'apparecchio del Vasari per la detta sala, cioè quarantaquattro quadri
grandi, di braccia quattro, sei, sette e dieci l'uno, nei quali lavorava figure
per la maggior parte di sei et otto braccia, e con l'aiuto solo di Giovanni
Strada fiamingo et Iacopo Zucchi, suoi creati, e Battista Naldini, e tutto

essere stato condotto in meno d'un anno, n'ebbe grandissimo piacere e
prese grand'animo; onde, ritornato a Roma, messe mano alla detta capella
della Trinità, con animo d'avere a vincere se stesso nelle storie che vi
andavano di Nostra Donna, come si dirà poco appresso.

Ora Federigo, se bene era sollecitato a tornarsene da Vinezia, non poté
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