Page 1069 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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Martini fu fatto dal Duca di Firenze proveditore di Pisa, e nel suo ufficio non
si scordò dell'amico suo, per che scrivendogli che gli preparava la stanza e
provvedeva un marmo di tre braccia, sì che egli se ne tornasse a suo
piacere, perciò che nulla gli mancherebbe appresso di lui, il Vinci da queste
cose invitato e dall'amore che a Luca portava, si risolvé a partirsi di Roma
e per qualche tempo eleggere Pisa per sua stanza, dove stimava d'avere
occasione d'esercitarsi e di fare sperienza della sua virtù. Venuto addunque
in Pisa, trovò che 'l marmo era già nella stanza, acconcio secondo l'ordine
di Luca, e cominciando a volerne cavare una figura in piè, s'avvedde che 'l
marmo aveva un pelo, il quale lo scemava un braccio. Per lo che risoluto a
voltarlo a giacere, fece un fiume giovane che tiene un vaso che getta
acqua, et è il vaso alzato da tre fanciulli, i quali aiutano a versare l'acqua il
fiume e sotto i piedi a lui molta copia d'acqua discorre, nella quale si
veggono pesci guizzare et uccelli acquatici in varie parti volare. Finito
questo fiume, il Vinci ne fece dono a Luca, il quale lo presentò alla
Duchessa et a lei fu molto caro perché allora, essendo in Pisa don Grazzia
di Tolledo suo fratello venuto con le galee, ella lo donò al fratello, il quale
con molto piacere lo ricevette per le fonti del suo giardino di Napoli a
Chiaia.
Scriveva in questo tempo Luca Martini sopra la Commedia di Dante alcune
cose et avendo mostrata al Vinci la crudeltà descritta da Dante, la quale
usorono i Pisani e l'arcivescovo Ruggeri contro al conte Ugolino della
Gherardesca, facendo lui morire di fame con quattro suoi figliuoli nella
torre, perciò cognominata della fame, porse occasione e pensiero al Vinci
di nuova opera e di nuovo disegno. Però, mentre che ancora lavorava il
sopra detto fiume, messe mano a fare una storia di cera per gettarla di
bronzo alta più d'un braccio e larga tre quarti, nella quale fece due de'
figliuoli del conte morti, uno in atto di spirare l'anima, uno che vinto dalla
fame è presso all'estremo non pervenuto ancora all'ultimo fiato; il padre in
atto pietoso e miserabile, cieco e di dolore pieno va brancolando sopra i
miseri corpi de' figliuoli distesi in terra. Non meno in questa opera mostrò il
Vinci la virtù del disegno che Dante ne' suoi versi mostrasse il valore della
poesia, perché non men compassione muovono in chi riguarda gli atti
formati nella cera dallo scultore, che faccino in chi ascolta gli accenti e le
parole notate in carta, vive, da quel poeta. E per mostrare il luogo dove il
caso seguì, fece da piè il fiume d'Arno che tiene tutta la larghezza della
storia, perché poco discosto dal fiume è in Pisa la sopra detta torre; sopra
la quale figurò ancora una vecchia ignuda, secca e paurosa, intesa per la
Fame quasi nel modo che la descrive Ovidio. Finita la cera, gettò la storia
di bronzo, la quale sommamente piacque, et in corte e da tutti fu tenuta
cosa singulare.