Page 173 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
P. 173
attesero non solamente alla scultura ma all'architettura ancora, non passò
molto tempo che reggendo in Siena i Nove, fece Agostino il disegno del
loro palazzo in Malborghetto, che fu l'anno 1308. Nel che fare si acquistò
tanto nome nella patria, che, ritornati in Siena dopo la morte di Giovanni,
furono l'uno e l'altro fatti architetti del publico; onde poi l'anno 1317 fu
fatta per loro ordine la facciata del Duomo che è volta a settentrione, e
l'anno 1321, col disegno de' medesimi, si cominciò a murare la porta
Romana in quel modo che ell'è oggi, e fu finita l'anno 1326; la qual porta si
chiamava prima porta S. Martino. Rifeciono anco la porta a Tufi, che prima
si chiamava la porta di S. Agata all'arco.
Il medesimo anno fu cominciata col disegno degli stessi Agostino et Agnolo
la chiesa e convento di S. Francesco, intervenendovi il cardinale di Gaeta
legato apostolico. Né molto dopo per mezzo d'alcuni de' Tolomei, che come
esuli si stavano a Orvieto, furono chiamati Agostino et Agnolo a fare alcune
sculture per l'opera di S. Maria di quella città. Per che andati là, fecero di
scultura in marmo alcuni profeti, che sono oggi, fra l'altre opere di quella
facciata, le migliori e più proporzionate di quell'opera tanto nominata.
Ora, avvenne l'anno 1326, come si è detto nella sua vita, che Giotto fu
chiamato per mezzo di Carlo duca di Calavria, che allora dimorava in
Fiorenza, a Napoli, per fare al re Ruberto alcune cose in S. Chiara et altri
luoghi di quella città: onde passando Giotto nell'andar là da Orvieto per
veder l'opere, che da tanti uomini vi si erano fatte e facevano tuttavia, che
egli volle veder minutamente ogni cosa. E perché più che tutte l'altre
sculture gli piacquero i profeti d'Agostino e d'Agnolo sanesi, di qui venne
che Giotto non solamente gli commendò, e gli ebbe con molto loro
contento nel numero degli amici suoi, ma che ancora gli mise per le mani a
Piero Saccone da Pietramala, come migliori di quanti allora fussero scultori,
per fare, come si è detto nella vita d'esso Giotto, la sepoltura del vescovo
Guido, signore e vescovo d'Arezzo. E così, adunque, avendo Giotto veduto
in Orvieto l'opere di molti scultori, e giudicate le migliori quelle d'Agostino
et Agnolo sanesi, fu cagione che fu loro data a fare la detta sepoltura, in
quel modo però che egli l'aveva disegnata, e secondo il modello che esso
aveva al detto Piero Saccone mandato.
Finirono questa sepoltura Agostino et Agnolo in ispazio di tre anni, e con
molta diligenza la condussono e murarono nella chiesa del Vescovado di
Arezzo nella capella del Sagramento; sopra la cassa, la quale posa in su
certi mensoloni intagliati più che ragionevolmente, è disteso di marmo il
corpo di quel vescovo, e dalle bande sono alcuni Angeli che tirano certe
cortine assai acconciamente. Sono poi intagliate di mezzo rilievo in quadri
dodici storie della vita e fatti di quel vescovo, con un numero infinito di