Page 176 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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mettere ad effetto quello di che si era molte volte ma invano insino allora
ragionato, cioè di fare una fonte publica in su la piazza principale e
dirimpetto al palagio della Signoria. Per che, datone cura ad Agostino et
Agnolo, eglino condussono per canali di piombo e di terra, ancor che molto

difficile fusse, l'acqua di quella fonte, la quale cominciò a gettare l'anno
1343 a dì primo di giugno, con molto piacere e contento di tutta la città,
che restò per ciò molto obligata alla virtù di questi due suoi cittadini. Nel
medesimo tempo si fece la sala del consiglio maggiore nel palazzo del

publico; e così fu con ordine e col disegno dei medesimi condotta al suo
fine la torre del detto palazzo l'anno 1344, e postovi sopra due campane
grandi, delle quali una ebbono da Grosseto e l'altra fu fatta in Siena.

Trovandosi finalmente Agnolo nella città d'Ascesi, dove nella chiesa di
sotto di S. Francesco fece una capella e una sepoltura di marmo per un
fratello di Napoleone Orsino, il quale essendo cardinale e frate di S.

Francesco, s'era morto in quel luogo; Agostino, che a Siena era rimaso per
servigio del publico, si morì mentre andava facendo il disegno
degl'ornamenti della detta fonte di piazza, e fu in Duomo orrevolmente
sepellito. Non ho già trovato, e però non posso alcuna cosa dirne, né come

né quando morisse Agnolo, né manco altre opere d'importanza di mano di
costoro, e però sia questo il fine della vita loro.

Ora, perché sarebbe senza dubbio errore, seguendo l'ordine de' tempi, non
fare menzione d'alcuni, che sebbene non hanno tante cose adoperato che
si possa scrivere tutta la vita loro, hanno nondimeno in qualche cosa

aggiunto commodo e bellezza all'arte e al mondo, pigliando occasione da
quello che di sopra si è detto del Vescovado d'Arezzo e della Pieve, dico
che Pietro e Paolo orefici aretini, i quali impararono a disegnare da Agnolo
et Agostino sanesi, furono i primi che di cesello lavorarono opere grande di
qualche bontà; perciò che per un arciprete della Pieve d'Arezzo condussono

una testa d'argento grande quanto il vivo, nella quale fu messa la testa di
S. Donato vescovo e protettore di quella città: la quale opera non fu se non
lodevole, sì perché in essa feciono alcune figure smaltate assai belle et

altri ornamenti, e sì perché fu delle prime cose che fussero, come si è
detto, lavorate di cesello.
Quasi ne' medesimi tempi o poco inanzi, l'Arte di Calimara di Firenze fece

fare a maestro Cione orefice eccellente, se non tutto, la maggior parte
dell'altare d'argento di S. Giovanni Batista, nel quale sono molte storie
della vita di quel Santo, cavate d'una piastra d'argento in figure di mezzo

rilievo, ragionevoli; la quale opera fu, e per grandezza e per essere cosa
nuova, tenuta da chiunche la vide maravigliosa. Il medesimo maestro
Cione l'anno 1330, essendosi sotto le volte di S. Reparata trovato il corpo
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