Page 180 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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Dipinse dopo nel primo chiostro di S. Maria Novella un S. Tomaso d'Aquino
allato a una porta, dove fece ancora un Crucifisso, il quale è stato poi da
altri pittori, per rinovarlo, in mala maniera condotto. Lasciò similmente una
cappella in chiesa cominciata e non finita, che è molto consumata dal

tempo, nella quale si vede, quando gl'angeli per la superbia di Lucifero
piovvero giù in forme diverse: dove è da considerare che le figure,
scortando le braccia, il torso e le gambe - molto meglio che scorci che
fussero stati fatti prima - ci danno ad intendere che Stefano cominciò a

conoscere e mostrare in parte le difficultà che avevano a far tenere
eccellenti coloro, che poi con maggiore studio ce gli mostrassono, come
hanno fatto, perfettamente; laonde scimia della natura fu dagli artefici per
sopranome chiamato.

Condotto poi Stefano a Milano, diede per Matteo Visconti principio a molte
cose; ma non le potette finire, perché, essendosi per la mutazione dell'aria

ammalato, fu forzato tornarsene a Firenze: dove avendo riavuto la sanità,
fece nel tramezzo della chiesa di Santa Croce nella cappella degl'Asini, a
fresco, la storia del martirio di S. Marco quando fu strascinato, con molte
figure che hanno del buono. Essendo poi condotto per essere stato

discepolo di Giotto, fece a fresco in S. Piero di Roma nella cappella
maggiore dove è l'altare di detto Santo, alcune storie di Cristo fra le
finestre che sono nella nicchia grande, con tanta diligenza, che si vede che
tirò forte alla maniera moderna, trapassando d'assai, nel disegno e

nell'altre cose, Giotto suo maestro. Dopo questo fece in Araceli in un
pilastro accanto alla cappella maggiore, a man sinistra, un S. Lodovico in
fresco che è molto lodato, per avere in sé una vivacità non stata insino a
quel tempo né anche da Giotto messa in opera. E nel vero, aveva Stefano

gran facilità nel disegno, come si può vedere nel detto nostro libro in una
carta di sua mano, nella quale è disegnata la Trasfigurazione che fece nel
chiostro di S. Spirito, in modo che, per mio giudizio, disegnò molto meglio
che Giotto.

Andato poi ad Ascesi, cominciò a fresco una storia della gloria celeste nella

nicchia della cappella maggiore nella chiesa di sotto di S. Francesco, dove
è il coro; e sebbene non la finì, si vede in quello che fece usata tanta
diligenza, quanta più non si potrebbe disiderare. Si vede in questa opra
cominciato un giro di Santi e Sante con tanta bella varietà ne' volti de'
giovani, degl'uomini di mezza età e de' vecchi, che non si potrebbe meglio

disiderare; e si conosce in quegli spiriti beati una maniera dolcissima e
tanto unita, che pare quasi impossibile che in que' tempi fusse fatta da
Stefano, che pur la fece, sebbene non sono delle figure di questo giro finite

se non le teste, sopra le quali è un coro d'Angeli che vanno scherzando in
varie attitudini, et acconciamente portando in mano figure teologiche: sono
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