Page 172 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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VITA DI AGOSTINO ET AGNOLO SCULTORI ET ARCHITETTI SANESI


Fra gl'altri che nella scuola di Giovanni e Nicola scultori pisani si
esercitarono, Agostino et Agnolo scultori sanesi, de' quali al presente

scriviamo la vita, riuscirono secondo que' tempi eccellentissimi. Questi,
secondo che io trovo, nacquero di padre e madre sanesi, e gli antenati loro
furono architetti: conciò sia che l'anno 1190 sotto il reggimento de' tre

Consoli, fusse da loro condotta a perfezzione Fontebranda, e poi l'anno
seguente, sotto il medesimo consolato, la Dogana di quella città et altre
fabriche. E nel vero si vede che i semi della virtù, molte volte, nelle case
dove sono stati per alcun tempo, germogliano e fanno rampolli, che poi
producono maggiori e migliori frutti, che le prime piante fatto non avevano.

Agostino, dunque, et Agnolo aggiugnendo molto miglioramento alla

maniera di Giovanni e Nicola Pisani, arricchirono l'arte di miglior disegno et
invenzione, come l'opere loro chiaramente ne dimostrano.

Dicesi che tornando Giovanni sopra detto da Napoli a Pisa l'anno 1284, si
fermò in Siena a fare il disegno e fondare la facciata del Duomo, dinanzi
dove sono le tre porte principali, perché si adornasse tutta di marmi
riccamente; e che allora non avendo più che quindici anni, andò a star seco

Agostino per attendere alla scultura, della quale aveva imparato i primi
principii, essendo a quell'arte non meno inclinato, che alle cose
d'architettura. E così sotto la disciplina di Giovanni, mediante un continuo
studio, trapassò in disegno, grazia e maniera tutti i condiscepoli suoi,

intanto che si diceva per ognuno che egli era l'occhio diritto del suo
maestro. E perché nelle persone che si amano si disiderano, sopra tutti gli
altri beni o di natura o d'animo o di fortuna, la virtù che sola rende gli
uomini grandi e nobili, e, più, in questa vita e nell'altra felicissimi, tirò

Agostino, con questa occasione di Giovanni, Agnolo suo fratello minore al
medesimo esercizio. Né gli fu il ciò fare molta fatica; perché il praticar
d'Agnolo con Agostino e con gli altri scultori, gl'aveva di già, vedendo
l'onore e utili che traevano di cotal arte, l'animo acceso d'estrema voglia e

disiderio d'attendere alla scultura: anzi prima che Agostino a ciò avesse
pensato, aveva fatto Agnolo nascosamente alcune cose.

Trovandosi dunque Agostino a lavorare con Giovanni la tavola di marmo
dell'altar maggiore del Vescovado d'Arezzo, della quale si è favellato di
sopra, fece tanto, che vi condusse il detto Agnolo suo fratello, il quale si
portò di maniera in quell'opera, che finita ch'ella fu, si trovò avere

nell'eccellenza dell'arte raggiunto Agostino. La qual cosa conosciuta da
Giovanni, fu cagione che dopo questa opera si servì dell'uno e dell'altro in
molti altri suoi lavori, che fece in Pistoia, in Pisa, et in altri luoghi. E perché
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