Page 244 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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nel palagio del podestà le volte della sala che prima era a tetto, acciò che,
oltre all'ornamento, il fuoco, come molto tempo inanzi fatto avea, non
potesse altra volta farle danno. Appresso questo, per consiglio d'Agnolo
furono fatti intorno al detto palazzo i merli che oggi vi sono, i quali prima
non vi erano di niuna sorte. Mentre che queste cose si lavoravano, non
lasciando del tutto la pittura, dipinse nella tavola, che egli fece dell'altar
maggiore di San Brancazio a tempera, la Nostra Donna, San Giovanni
Battista et il Vangelista, et appresso San Nereo, Achilleo e Pancrazio fratelli
con altri Santi. Ma il meglio di quell'opera, anzi quanto vi si vede di buono,
è la predella sola, la quale è tutta piena di figure piccole, divise in otto
storie della Madonna e di Santa Reparata. Nella tavola poi dell'altar grande
di Santa Maria Maggiore pur di Firenze, fece per Barone Capelli nel 1348
intorno a una Coronazione di Nostra Donna un ballo d'Angeli ragionevole.
Poco poi nella Pieve della terra di Prato, stata riedificata con ordine di
Giovanni Pisano l'anno 1312, come si è detto di sopra, dipinse Agnolo, nella
capella, a fresco, dove era riposta la Cintola di Nostra Donna, molte storie
della vita di lei, e in altre chiese di quella terra, piena di monasterii e
conventi onoratissimi, altri lavori assai. In Fiorenza poi dipinse l'arco sopra
la porta di San Romeo e lavorò a tempera in Orto S. Michele una disputa di
Dottori con Cristo nel tempio; e nel medesimo tempo, essendo state
rovinate molte case per allargare la piazza de' Signori, et in particolare la
chiesa di Santo Romolo, ella fu rifatta col disegno d'Agnolo, del quale si
veggiono in detta città per le chiese molte tavole di sua mano, e
similmente nel dominio si riconoscono molte delle sue opere, le quali
furono lavorate da lui con molto suo utile se bene lavorava più per fare
come i suoi maggiori fatto avevano che per voglia che ne avessi, avendo
egli indiritto l'animo alla mercanzia che gli era di migliore utile; come si
vide quando i figliuoli non volendo più vivere da dipintori si diedero del
tutto alla mercatura, tenendo per ciò casa aperta in Vinezia insieme col
padre che, da un certo tempo in là, non lavorò se non per suo piacere e in
un certo modo per passar tempo. In questa guisa dunque, mediante i
traffichi e mediante l'arte sua avendo Agnolo acquistato grandissime
facultà, morì l'anno sessantatreesimo di sua vita oppresso da una febre
maligna che in pochi giorni lo finì.
Furono suoi discepoli maestro Antonio da Ferrara, che fece in San
Francesco a Urbino e a Città di Castello molte bell'opere, e Stefano da
Verona, il quale dipinse in fresco perfettissimamente, come si vede in
Verona sua patria in più luoghi et in Mantoa ancora in molte sue opere.
Costui fra l'altre cose fu eccellente nel fare con bellissime arie i volti de'
putti, delle femmine e de' vecchi, come si può vedere nell'opere sue, le
quali furono immitate e ritratte tutte da quel Piero da Perugia miniatore,