Page 245 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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che miniò tutti i libri che sono a Siena in Duomo nella libreria di Papa Pio, e
che colorì in fresco praticamente. Fu anche discepolo d'Agnolo Michele da
Milano e Giovanni Gaddi suo fratello, il quale nel chiostro di Santo Spirito,
dove sono gl'archetti di Gaddo e di Taddeo, fece la disputa di Cristo nel

tempio con i Dottori, la purificazione della Vergine, la tentazione di Cristo
nel diserto et il battesimo di Giovanni, e finalmente essendo in
espettazione grandissima si morì. Imparò dal medesimo Agnolo la pittura
Cennino di Drea Cennini da Colle di Valdelsa, il quale, come

affezionatissimo dell'arte, scrisse in un libro di sua mano i modi del
lavorare a fresco, a tempera, a colla et a gomma, et inoltre come si minia
e come in tutti i modi si mette d'oro. Il qual libro è nelle mani di Giuliano
orefice sanese, eccellente maestro et amico di quest'arti. E nel principio di

questo suo libro trattò della natura de' colori così minerali come di cave,
secondo che imparò da Agnolo suo maestro, volendo, poiché forse non gli
riuscì imparare a perfettamente dipignere, sapere al meno le maniere de'
colori, delle tempere, delle colle e dello ingessare, e da quali colori dovemo

guardarci come dannosi nel mescolargli, et insomma molti altri
avvertimenti de' quali non fa bisogno ragionare, essendo oggi notissime
tutte quelle cose che costui ebbe per gran secreti e rarissime in que' tempi.
Non lascerò già di dire che non fa menzione, e forse non dovevano essere

in uso, d'alcuni colori di cave, come terre rosse scure, il cinabrese e certi
verdi in vetro; si sono similmente ritrovate poi, la terra d'ombra, che è di
cava, il giallo santo, gli smalti a fresco et in olio et alcuni verdi e gialli in
vetro de' quali mancarono i pittori di quell'età; trattò finalmente de'

musaici, del macinare i colori a olio per far campi rossi, azurri, verdi e
d'altre maniere; e de' mordenti per mettere d'oro, ma non già per figure.
Oltre l'opere che costui lavorò in Fiorenza col suo maestro, è di sua mano,
sotto la loggia dello spedale di Bonifazio Lupi, una Nostra Donna con certi

santi di maniera sì colorita ch'ella si è insino a oggi molto bene conservata.
Questo Cennino, nel primo capitolo di detto suo libro, parlando di se
stesso, dice queste proprie parole: "Cennino di Drea Cennini da Colle Di
Valdelsa fui informato in nella detta arte dodici anni da Agnolo di Taddeo

da Firenze mio maestro, il quale imparò la detta arte da Taddeo suo padre,
el quale fu battezzato da Giotto e fu suo discepolo anni ventiquattro. El
quale Giotto rimutò l'arte del dipignere di greco in latino e ridusse al
moderno, e l'ebbe certo più compiuta che avesse mai nessuno". Queste

sono le proprie parole di Cennino, al quale parve, sì come fanno
grandissimo benefizio quelli che di greco traducono in latino alcuna cosa a
coloro che il greco non intendono, che così facesse Giotto in riducendo
l'arte della pittura d'una maniera non intesa né conosciuta da nessuno (se

non se forse per goffissima) a bella, facile e piacevolissima maniera intesa
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