Page 243 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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allogato dalla famiglia d'i Soderini, sperandone gran cose, la capella
maggiore del Carmine, egli vi dipinse dentro tutta la vita di Nostra Donna,
tanto men bene che non avea fatto la ressurrezione di Lazzero, che a
ognuno fece conoscere avere poca voglia d'attendere con tutto lo studio

all'arte della pittura; perciò che in tutta quella così grand'opera, non è altro
di buono che una storia, dove intorno alla Nostra Donna in una stanza sono
molte fanciulle, che come hanno diversi gl'abiti e l'acconciature del capo
secondo che era diverso l'uso di que' tempi, così fanno diversi essercizii:

questa fila, quella cuce, quell'altra incanna, una tesse et altre altri lavori
assai bene da Agnolo considerati e condotti.

Nel dipignere similmente per la famiglia nobile degl'Alberti la capella
maggiore della chiesa di Santa Croce a fresco, facendo in essa tutto quello
che avvenne nel ritrovamento della croce, condusse quel lavoro con molta
pratica ma con non molto disegno, perché solamente il colorito fu assai

bello e ragionevole. Nel dipignere poi nella capella de' Bardi, pure in fresco,
e nella medesima chiesa alcune storie di San Lodovico, si portò molto
meglio; e perché costui lavorava a capricci, e quando con più studio e
quando con meno, in Santo Spirito pure di Firenze, dentro alla porta che di

piazza va in convento, fece sopra un'altra porta una Nostra Donna col
Bambino in collo e Santo Agostino e Santo Niccolò, tanto bene a fresco che
dette figure paiono fatte pur ieri. E perché era in certo modo rimaso a
Agnolo per eredità il segreto di lavorare il musaico e aveva in casa

gl'instrumenti e tutte le cose che in ciò aveva adoperato Gaddo suo avolo,
egli più per passar tempo e per quella comodità che per altro, lavorava,
quando bene gli veniva, qualche cosa di musaico. Laonde, essendo stati
dal tempo consumati molti di que' marmi che cuoprono l'otto faccie del

tetto di San Giovanni, e per ciò avendo l'umido che penetrava dentro
guasto assai del musaico che Andrea Tafi aveva già in quel tempo
lavorato, deliberarono i consoli dell'Arte de' Mercatanti, acciò non si
guastasse il resto, di rifare la maggior parte di quella coperta di marmi, e

fare similmente racconciare il musaico. Perché dato di tutto ordine e
commissione a Agnolo, egli l'anno 1346 fece ricoprirlo di marmi nuovi e
sopraporre, con nuova diligenza, i pezzi delle commettiture due dita l'uno
all'altro, intaccando la metà di ciascuna pietra insino a mezzo. Poi

comettendole insieme con stucco fatto di mastrice e cera fondute insieme,
l'accomodò con tanta diligenza che da quel tempo in poi non ha né il tetto
né le volte alcun danno dall'acque ricevuto. Avendo poi Agnolo racconcio il
musaico, fu cagione mediante il consiglio suo e disegno molto ben

considerato, che si rifece in quel modo che sta ora, intorno al detto tempio,
tutta la cornice di sopra di marmo sotto il tetto, la quale era molto minore
che non è, e molto ordinaria. Per ordine del medesimo furono fatte ancora
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