Page 277 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
P. 277





medesimo Operaio gli fece dipignere in Campo Santo, sopra la capella, una
Nostra Donna incoronata da Gesù Cristo, con molti Angeli, in attitudini
bellissime e molto ben coloriti. Fece similmente Taddeo, per la capella
della sagrestia di S. Francesco di Pisa, in una tavola dipinta a tempera, una

Nostra Donna et alcuni Santi, mettendovi il nome suo e l'anno ch'ella fu
dipinta, che fu l'anno 1394. Et intorno a questi medesimi tempi, lavorò in
Volterra certe tavole a tempera, et in Monte Uliveto una tavola, e nel muro
un Inferno a fresco, nel quale seguì l'invenzione di Dante, quanto attiene

alla divisione de' peccati e forma delle pene: ma nel sito o non seppe, o
non potette, o non volle imitarlo. Mandò ancora in Arezzo una tavola che è
in S. Agostino, dove ritrasse papa Gregorio Undecimo, cioè quello che dopo
essere stata la corte tante decine d'anni in Francia, la ritornò in Italia.

Dopo queste opere, ritornatosene a Siena, non vi fece molto lunga stanza,
perché fu chiamato a lavorare a Perugia nella chiesa di S. Domenico, dove
nella capella di S. Caterina dipinse a fresco tutta la vita di essa Santa, et in
S. Francesco, a canto alla porta della sagrestia, alcune figure le quali,

ancor che oggi poco si discernino, sono conosciute per di mano di Taddeo,
avendo egli tenuto sempre una maniera medesima. Seguendo poco poi la
morte di Biroldo signor di Perugia che fu amazzato l'anno 1398, si ritornò
Taddeo a Siena; dove, lavorando continuamente, attese in modo agli studi

dell'arte per farsi valente uomo, che si può affermare, se forse non seguì
l'intento suo, che certo non fu per difetto o negligenza che mettesse nel
fare, ma sì bene per indisposizione d'un male opilativo che l'assassinò di
maniera, che non potette conseguire pienamente il suo desiderio.

Morì Taddeo, avendo insegnato l'arte a suo nipote chiamato Domenico,
d'anni 59, e le pitture sue furono intorno agl'anni di nostra salute 1410.

Lasciò dunque, come si è detto, Domenico Bartoli suo nipote e discepolo,
che attendendo all'arte della pittura, dipinse con maggiore e migliore
pratica; e nelle storie che fece mostrò molto più copiosità, variandole in
diverse cose, che non aveva fatto il zio. Sono nel pellegrinario dello

spedale grande di Siena due storie grandi lavorate in fresco da Domenico,
dove e prospettive et altri ornamenti si veggiono assai ingegnosamente
composti. Dicesi essere stato Domenico modesto e gentile e d'una
singolare amorevolezza e liberalissima cortesia, e che ciò non fece manco

onore al nome suo, che l'arte stessa della pittura. Furono l'opere di costui
intorno agl'anni del Signore 1436; e l'ultime furono in S. Trinita di Firenze,
una tavola dentrovi la Nunziata, e nella chiesa del Carmine la tavola
dell'altar maggiore.

Fu ne' medesimi tempi e quasi della medesima maniera, ma fece più chiaro

il colorito e le figure più basse, Alvaro di Piero di Portogallo, che in Volterra
fece più tavole et in S. Antonio di Pisa n'è una et in altri luoghi altre, che
   272   273   274   275   276   277   278   279   280   281   282