Page 280 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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cosa grande, se bene non è di buona maniera, la più ragionevole e più
proporzionata immagine di quella in tutte le sue parti; senzaché l'una e
l'altra di queste pitture furono lavorate con tanta pratica che, ancora che
siano state all'aria molti anni e percosse dalle pioggie e dalla tempesta per

esser volte a tramontana, non hanno mai perduta la vivezza de' colori, né
sono rimase in alcuna parte offese. Fece ancora dentro la porta che è in
mezzo a queste figure, chiamata la porta del Martello, il medesimo
Lorenzo, a richiesta del detto Ricciardo e del guardiano del convento, un

Crucifisso con molte figure; e nelle facciate intorno la confermazione della
Regola di S. Francesco fatta da Papa Onorio, et appresso il martirio d'alcuni
frati di quell'Ordine che andarono a predicare la fede fra i Saracini;
negl'archi e nelle volte fece alcuni re di Francia, frati e divoti di S.

Francesco e gli ritrasse di naturale, e così molti uomini dotti di quell'Ordine
e segnalati per dignità, cioè vescovi, cardinali e papi: infra i quali sono
ritratti di naturale in due tondi delle volte papa Nicola Quarto et Alessandro
Quinto; alle quali tutte figure, ancor che facesse Lorenzo gl'abiti bigi, gli

variò nondimeno, per la buona pratica che egli aveva nel lavorare, di
maniera che tutti sono fra loro differenti; alcuni pendono in rossigno, altri
in azzurriccio, altri sono scuri et altri più chiari, et insomma sono tutti varii
e degni di considerazione; e, quello che è più, si dice che fece questa opera

con tanta facilità e prestezza, che facendolo una volta chiamare il
guardiano che gli faceva le spese a desinare, quando a punto aveva fatto
l'intonaco per una figura e cominciatala, egli rispose: "Fate le scodelle, che
io faccio questa figura e vengo". Onde a gran ragione si dice che Lorenzo

ebbe tanta velocità nelle mani, tanta pratica ne' colori, e fu tanto risoluto,
che più non fu niun altro già mai. È di mano di costui il tabernacolo in
fresco ch'è in sul canto delle monache di Foligno e la Madonna et alcuni
Santi che sono sopra la porta della chiesa di quel monasterio, fra i quali è

un S. Francesco che sposa la povertà. Dipinse anco nella chiesa di
Camaldoli di Firenze, per la Compagnia de' Martiri, alcune storie del
martirio d'alcuni Santi, e nella chiesa due capelle che mettono in mezzo la
capella maggiore. E perché queste pitture piacquero assai a tutta la città

universalmente, gli fu, dopo che l'ebbe finite, data a dipignere nel Carmine,
dalla famiglia de' Salvestrini - la quale è oggi quasi spenta, non essendone,
ch'io sappia, altri che un frate degli Angeli di Firenze, chiamato fra'
Nemesio, buono e costumato religioso -, una facciata della chiesa del

Carmine; dove egli fece i martiri quando, essendo condennati alla morte,
sono spogliati nudi e fatti caminare scalzi sopra triboli, seminati dai ministri
de' tiranni mentre andavano a esser posti in croce, sì come più in alto si
veggiono esser posti in varie e stravaganti attitudini; in questa opera, la

quale fu la maggiore che fusse stata fatta insino allora, si vede fatto,
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