Page 808 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
P. 808
cambio che faceva dall'opera di Perino a quella del Pordenone, licenziatolo,
fece venir in suo luogo Domenico Beccafumi sanese, eccellente e più raro
maestro di lui. Il quale, per servire tanto Prencipe, non si curò
d'abbandonare Siena sua patria dove sono tante opere maravigliose di sua
mano. Ma in quel luogo non fece se non una storia sola e non più, perché
Perino condusse ogni cosa da sé ad ultimo fine.
A Giovanni Antonio dunque, ritornato a Vinegia, fu fatto intendere come
Ercole, duca di Ferrara, aveva condotto di Alemagna un numero infinito di
maestri, et a quegli fatto cominciare a far panni di seta, d'oro, di filaticci e
di lana, secondo l'uso e voglia sua, ma che non avendo in Ferrara
disegnatori buoni di figure (perché Girolamo da Ferrara era più atto a'
ritratti et a cose appartate, che a storie terribili dove bisognasse la forza
dell'arte e del disegno) che andasse a servire quel signore; ond'egli, non
meno desideroso d'acquistare fama che facultà, partì da Vinegia, e nel suo
giugner a Ferrara dal Duca fu ricevuto con molte carezze. Ma poco dopo la
sua venuta, assalito da gravissimo affanno di petto, si pose nel letto per
mezzo morto; dove, aggravando del continuo, in tre giorni o poco più,
senza potervisi rimediare, d'anni 56 finì il corso della sua vita. Parve ciò
cosa strana al Duca e similmente agli amici di lui. E non mancò chi per
molti mesi credesse lui di veleno esser morto. Fu sepolto il corpo di Giovan
Antonio onorevolmente, e della morte sua n'increbbe a molti, et in Vinegia
specialmente. Perciò che Giovanni Antonio aveva prontezza nel dire, era
amico e compagno di molti e si dilettava della musica, e perché aveva dato
opera alle lettere latine, aveva prontezza e grazia nel dire. Costui fece
sempre le sue figure grandi, fu ricchissimo d'invenzioni et universale in
fingere bene ogni cosa; ma sopratutto fu risoluto e prontissimo nei lavori a
fresco.
Fu suo discepolo Pomponio Amalteo da S. Vito, il quale per le sue buone
qualità meritò d'esser genero del Pordenone. Il quale Pomponio,
seguitando sempre il suo maestro nelle cose dell'arte, si è portato molto
bene in tutte le sue opere, come si può vedere in Udine nei portigli
degl'organi nuovi, dipinti a olio. Sopra i quali nella faccia di fuori è Cristo
che caccia i negozianti del tempio, e dentro è la storia della probatica
piscina con la resurrezione di Lazzero. Nella chiesa di S. Francesco della
medesima città è di mano del medesimo in una tavola a olio un S.
Francesco che riceve le stimmate, con alcuni paesi bellissimi, et un levare
di sole che manda fuori di mezzo a certi razzi lucidissimi il serafico lume,
che passa le mani, i piedi et il costato a San Francesco; il quale, stando
ginocchioni divotamente e pieno d'amore, lo riceve, mentre il compagno si
sta posato in terra in iscorto tutto pieno di stupore. Dipinse ancora in
fresco Pomponio ai frati della Vigna, in testa del reffettorio, Gesù Cristo in