Page 887 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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rompere le funi con le quali era legato, nell'aggravarsi sopra quelle e tutto
essendo sbigottito, rappresentò veramente uno che avesse ad essere
saettato, mostrando nel viso il timore e l'orrore della morte, nelle membra
stiracchiate e storte per cercar di fuggire il pericolo. Ciò fatto, disse il

Marchese a Francesco: "Eccolo acconcio come ha da stare, il rimanente
farai per te medesimo". Il che tutto avendo questo pittore considerato,
fece la sua figura di quella miglior perfezzione che si può imaginare.
Dipinse Francesco, oltre molte altre cose, nel palazzo di Gonzaga la

creazione de' primi signori di Mantoa, e le giostre che furono fatte in sulla
piazza di S. Piero, la quale ha quivi in prospettiva. Avendo il Gran Turco per
un suo uomo mandato a presentare al Marchese un bellissimo cane, un
arco et un turcasso, il Marchese fece ritrarre nel detto palazzo di Gonzaga il

cane, il Turco che l'aveva condotto e l'altre cose. E ciò fatto, volendo
vedere se il cane dipinto veramente somigliava, fece condurre uno de' suoi
cani di corte nimicissimo al cane turco, là dove era il dipinto, sopra un
basamento finto di pietra; quivi dunque giunto il vivo, tosto che vide il

dipinto, non altrimenti che se vivo stato fusse, e quello stesso che odiava
la morte, si lanciò con tanto impeto, sforzando chi lo teneva, per adentarlo,
che percosso il capo nel muro tutto se lo ruppe.

Si racconta ancora da persone che furono presenti, che avendo Benedetto
Baroni nipote di Francesco un quadretto di sua mano, poco maggiore di
due palmi, nel quale è dipinta una Madonna a olio dal petto in su quasi

quanto il naturale et il canto a basso il Puttino, dalla spalla in su, che con
un braccio steso in alto sta in atto di carezzare la madre, si racconta, dico,
che quando era l'imperatore padrone di Verona, essendo in quella città don
Alonso di Castiglia, et Alarcone famosissimo capitano per sua maestà e per

lo re catolico, che questi signori, essendo in casa del conte Lodovico da
Sesso Veronese, dissero avere gran disiderio di veder questo quadro: per
che, mandato per esso, si stavano una sera contemplandolo a buon lume
et amirando l'artificio dell'opera, quando la signora Caterina, moglie del

Conte, andò dove erano que' signori con uno de' suoi figliuoli, il quale
aveva in mano uno di quegli uccelli verdi, che a Verona si chiamano
terranzi, perché fanno il nido in terra, e si avezzano al pugno come gli
sparvieri. Avenne adunque, stando ella cogl'altri a contemplare il quadro,

che quell'uccello, veduto il pugno et il braccio disteso del bambino dipinto,
volò per saltarvi sopra, ma non si essendo potuto attaccare alla tavola
dipinta, e per ciò caduto in terra, tornò due volte per posarsi in sul pugno
del detto bambino dipinto, non altrimenti che se fusse stato un di que' putti

vivi, che se lo tenevano sempre in pugno. Di che stupefatti que' signori,
vollono pagar quel quadro a Benedetto gran prezzo, perché lo desse loro;
ma non fu possibile per niuna guisa cavarglielo di mano. Non molto dopo,
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