Page 1063 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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fece molti nimici, e particolarmente in quel di Prato per conto di Bisenzio,
et in Valdinievole in molti luoghi.

Avendo poi compero il duca Cosimo il palazzo de' Pitti, del quale si è in
altro luogo ragionato, e desiderando sua eccellenza di adornarlo di giardini,
boschi e fontane e vivai et altre cose simili, fece il Tribolo tutto lo
spartimento del monte in quel modo che egli sta, accomodando tutte le

cose con bel giudizio ai luoghi loro, se ben poi alcune cose sono state
mutate in molte parti del giardino. Del qual palazzo de' Pitti, che è il più
bello d'Europa, si parlerà altra volta con migliore occasione. Dopo queste
cose fu mandato il Tribolo da sua eccellenza nell'isola dell'Elba, non solo

perché vedesse la città e porto che vi aveva fatta fare, ma ancora perché
desse ordine di condurre un pezzo di granito tondo di dodici braccia per
diametro, del quale si aveva a fare una tazza per lo prato grande de' Pitti,
la quale ricevesse l'acqua della fonte principale. Andato dunque colà il

Tribolo e fatta fare una scafa a posta per condurre questa tazza et ordinato
agli scarpellini il modo di condurla, se ne tornò a Fiorenza, dove non fu sì
tosto arivato, che trovò ogni cosa piena di romori e maladizioni contra di
sé, avendo di que' giorni le piene et inondazioni fatto grandissimi danni

intorno a que' fiumi che egli aveva rassettati, ancor che forse non per suo
difetto in tutto fusse ciò avenuto. Comunche fusse, o la malignità d'alcuni
ministri e forse l'invidia, o che pure fusse così il vero, fu di tutti que' danni
data la colpa al Tribolo, il quale non essendo di molto animo et anzi scarso

di partiti che no, dubitando che la malignità di qualcuno non gli facesse
perdere la grazia del Duca, si stava di malissima voglia, quando gli
sopragiunse, essendo di debole complessione, una grandissima febre a dì
20 d'agosto, l'anno 1550, nel qual tempo, essendo Giorgio in Firenze per

far condurre a Roma i marmi delle sepolture che papa Giulio Terzo fece
fare in San Piero a Montorio, come quelli che veramente amava la virtù del
Tribolo lo visitò e confortò, pregandolo che non pensasse se non alla sanità
e che guarito si ritraesse a finire l'opera di Castello, lasciando andare i

fiumi, che più tosto potevano affogargli la fama che fargli utile o onore
nessuno. La qual cosa come promise di voler fare, arebbe, mi credo io,
fatta per ogni modo se non fusse stato impedito dalla morte, che gli chiuse
gl'occhi a dì 7 settembre del medesimo anno. E così l'opere di Castello,

state da lui cominciate e messe inanzi, rimasero imperfette perciò che, se
bene si è lavorato dopo lui ora una cosa et ora un'altra, non però vi si è
mai atteso con quella diligenza e prestezza che si faceva vivendo il Tribolo
e quando il signor Duca era caldissimo in quell'opera. E di vero chi non tira

inanzi le grandi opere, mentre coloro che fanno farle spendono volentieri e
non hanno maggior cura, è cagione che si devia e si lascia imperfetta
l'opera che arebbe potuto la sollecitudine e studio condurre a perfezzione.
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