Page 1207 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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tutti gl'altri: l'impresa era una palma, e l'arme quella di Spagna. Dirimpetto
alla tornata del Magnifico Cosimo, cioè dall'altra banda, era il felicissimo
natale del duca Cosimo: l'impresa era una fenice, e l'arme quella della città
di Fiorenza, cioè un giglio rosso. A canto a questo era la creazione o vero

elezzione del medesimo alla degnità del ducato: l'impresa il caduceo di
Mercurio, e nel fregio l'arme del castellano della fortezza. E questa storia,
essendo stata disegnata da Francesco Salviati, perché ebbe a partirsi in
que' giorni di Fiorenza, fu finita eccellentemente da Carlo Portelli da Loro.

Nella terza erano i tre superbi oratori campani cacciati del senato romano
per la loro temeraria dimanda, secondo che racconta Tito Livio nel
ventesimo libro della sua storia, i quali in questo luogo significavano tre
cardinali venuti invano al duca Cosimo con animo di levarlo del governo:

l'impresa era un cavallo alato, e l'arme quella de' Salviati e Medici.
Nell'altro era la presa di Monte Murlo: l'impresa un assiuolo egizzio sopra la
testa di Pirro, e l'arme quella di casa Sforza e Medici, nella quale storia,
che fu dipinta da Antonio di [Donnino di] Domenico pittore fiero nelle

movenze, si vedeva nel lontano una scaramuccia di cavalli tanto bella, che
quel quadro, di mano di persona riputata debole, riuscì molto migliore che
l'opere d'alcuni altri che erano valentuomini solamente in openione.
Nell'altro si vedeva il duca Cosimo essere investito dalla maestà cesarea di

tutte l'insegne et imprese ducali: l'impresa era una pica con foglie d'alloro
in bocca, e nel fregio era l'arme de' Medici e di Tolledo, e questa era di
mano di Battista Franco viniziano. Nell'ultimo di tutti questi quadri erano le
nozze del medesimo duca Cosimo fatte in Napoli: l'impresa erano due

cornici, simbolo antico delle nozze, e nel fregio era l'arme di don Petro di
Tolledo viceré di Napoli, e questa, che era di mano del Bronzino, era fatta
con tanta grazia, che superò come la prima tutte l'altre storie. Fu
similmente ordinato dal medesimo Aristotile, sopra la loggia, un fregio con

altre storiette et arme che fu molto lodato e piacque a sua eccellenza che
di tutto il remunerò largamente. E dopo, quasi ogni anno, fece qualche
scena e prospettiva per le comedie che si facevano per carnovale, avendo
in quella maniera di pitture tanta pratica et aiuto dalla natura, che aveva

disegnato volere scriverne et insegnare, ma perché la cosa gli riuscì più
difficile che non s'aveva pensato, se ne tolse giù, e massimamente essendo
poi stato da altri che governarono il palazzo fatto fare prospettive dal
Bronzino e Francesco Salviati, come si dirà a suo luogo.

Vedendo adunque Aristotile essere passati molti anni, ne' quali non era
stato adoperato, se n'andò a Roma a trovare Antonio da San Gallo suo

cugino, il quale subito che fu arivato, dopo averlo ricevuto e veduto ben
volentieri, lo mise a sollecitare alcune fabriche con provisione di scudi dieci
il mese, e dopo lo mandò a Castro, dove stette alcuni mesi di commessione
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