Page 1266 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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medesimo Tintoretto in San Iobbe all'altare della Pietà tre Marie, San
Francesco, San Bastiano, San Giovanni et un pezzo di paese, e nei portegli
dell'organo della chiesa de' Servi, Santo Agostino e San Filippo, e di sotto
Caino ch'uccide Abel suo fratello. In San Felice all'altare del Sacramento,

cioè nel cielo della tribuna, dipinse i quattro Evangelisti e nella lunetta
sopra l'altare una Nunziata, nell'altra Cristo che ora in sul Monte Oliveto, e
nella facciata l'ultima cena che fece con gl'Apostoli. In San Francesco della
Vigna è di mano del medesimo, all'altare del Deposto di croce, la Nostra

Donna svenuta con altre Marie et alcuni Profeti, e nella scuola di San Marco
da San Giovanni e Polo sono quattro storie grandi, in una delle quali è San
Marco, che aparendo in aria, libera un suo divoto da molti tormenti, che se
gli veggiono apparecchiati con diversi ferri da tormentare, i quali

rompendosi, non gli poté mai adoperare il manigoldo contra quel devoto,
et in questa è gran copia di figure, di scorti, d'armature, casamenti, ritratti
et altre cose simili, che rendono molto ornata quell'opera. In un'altra è una
tempesta di mare e San Marco similmente in aria che libera un altro suo

divoto; ma non è già questa fatta con quella diligenza che la già detta.
Nella terza è una pioggia et il corpo morto d'un altro divoto di San Marco e
l'anima che se ne va in cielo; et in questa ancora è un componimento
d'assai ragionevoli figure. Nella quarta, dove uno spiritato si scongiura, ha

finto in prospettiva una gran loggia et in fine di quella un fuoco che la
illumina con molti rinverberi; et oltre alle dette storie è all'altare un San
Marco di mano del medesimo, che è ragionevole pittura.

Queste opere adunque, e molte altre che si lasciano, bastando avere fatto
menzione delle migliori, sono state fatte dal Tintoretto con tanta
prestezza, che quando altri non ha pensato a pena che egli abbia

cominciato, egli ha finito, et è gran cosa che con i più stravaganti tratti del
mondo ha sempre da lavorare. Perciò che quando non bastano i mezzi e
l'amicizie a fargli avere alcun lavoro, se dovesse farlo non che per piccolo
prezzo, in dono e per forza, vuol farlo ad ogni modo. E non ha molto che

avendo egli fatto nella scuola di San Rocco a olio in un gran quadro di tela
la Passione di Cristo, si risolverono gl'uomini di quella Compagnia di fare di
sopra dipignere nel palco qualche cosa magnifica et onorata, e perciò di
allogare quell'opera a quello de' pittori che erano in Vinezia il quale facesse

migliore e più bel disegno. Chiamati adunque Iosef Salviati, Federico
Zucchero, che allora era in Vinezia, Paulo da Verona et Iacopo Tintoretto,
ordinarono che ciascuno di loro facesse un disegno, promettendo a colui
l'opera, che in quello meglio si portasse. Mentre adunque gl'altri

attendevano a fare con ogni diligenza i loro disegni, il Tintoretto tolta la
misura della grandezza che aveva ad essere l'opera e tirata una gran tela,
la dipinse senza che altro se ne sapesse con la solita sua prestezza e la
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