Page 1294 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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et al muro della Vergine fece un'altra fontana, con una Vergine di sua
mano che versa acqua in un pilo; e per quella che è posta al palazzo del
signor don Filippo Laroca, fece un putto maggiore del naturale d'una certa
pietra che s'usa in Messina, il qual putto, che è in mezzo a certi mostri et

altre cose marittime, getta acqua in un vaso. Fece di marmo una statua di
quattro braccia, cioè una Santa Caterina martire molto bella, la quale fu
mandata a Tarumezia, luogo lontano da Messina 24 miglia.

Furono amici di fra' Giovann'Agnolo, mentre stette in Messina, il detto
signor don Filippo Laroca e don Francesco della medesima famiglia, Messer
Bardo Corsi, Giovanfrancesco Scali e Messer Lorenzo Borghini, tutti tre

gentiluomini fiorentini allora in Messina, Serafino da Fermo et il signor gran
mastro di Rodi che più volte fece opera di tirarlo a Malta e farlo cavalieri,
ma egli rispose non volere confinarsi in quell'isola, senza che pur alcuna
volta, conoscendo che faceva male a stare senza l'abito della sua

Religione, pensava di tornare. E nel vero so io che quando bene non fusse
stato in un certo modo forzato, era risoluto ripigliarlo e tornare a vivere da
buono religioso. Quando adunque al tempo di papa Paulo Quarto, l'anno
1557 furono tutti gl'apostati o vero sfratati astretti a tornare alle loro

Religioni sotto gravissime pene, fra' Giovann'Agnolo lasciò l'opere che avea
fra mano et in suo luogo Martino suo creato, e da Messina del mese di
maggio, se ne venne a Napoli per tornare alla sua Religione de' Servi in
Fiorenza. Ma prima che altro facesse, per darsi a Dio interamente, andò

pensando come dovesse i suoi molti guadagni dispensare
convenevolmente; e così dopo avere maritate alcune sue nipote fanciulle
povere et altre della sua patria e da Montorsoli, ordinò che ad Angelo suo
nipote, del quale si è già fatto menzione, fussero dati in Roma mille scudi e

comperatogli un cavaliere del giglio; a due spedali di Napoli diede per
limosina buona somma di danari per ciascuno; al suo convento de' Servi
lasciò mille scudi per comperare un podere, e quello di Montorsoli stato de'
suoi antecessori: con questo, che a due suoi nipoti frati del medesimo

Ordine fussino pagati ogni anno, durante la vita loro, venticinque scudi per
ciascuno, e con alcuni altri carichi che di sotto si diranno; le quali cose,
come ebbe accomodato, si scoperse in Roma e riprese l'abito con molta
sua contentezza e de' suoi frati, e particolarmente di maestro Zaccheria.

Dopo venuto a Fiorenza fu ricevuto e veduto dagl'amici e parenti con
incredibile piacere e letizia. Ma ancor che avesse deliberato il frate di
volere il rimanente della vita spendere in servigio di Nostro Signore Dio e
dell'anima sua e starsi quietamente in pace, godendosi un cavalierato che

s'era serbato, non gli venne ciò fatto così presto, perciò che, essendo con
istanzia chiamato a Bologna da maestro Giulio Bovio, zio del vascone
Bovio, perché facesse nella chiesa de' Servi l'altar maggiore tutto di marmo
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