Page 1295 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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et isolato, et oltre ciò una sepoltura con figure e ricco ornamento di pietre
mischie et incostrature di marmo, non poté mancargli, e massimamente
avendosi a fare quell'opera in una chiesa del suo Ordine. Andato dunque a
Bologna e messo mano all'opera, la condusse in ventotto mesi, facendo il

detto altare, il quale da un pilastro all'altro chiude il coro de' frati tutto di
marmo dentro e fuori con un Cristo nudo nel mezzo di braccia due e mezzo
e con alcun'altre statue dagli lati. È l'architettura di quest'opera bella
veramente, e ben partita et ordinata, e commessa tanto bene, che non si

può far meglio; il pavimento ancora, dove in terra è la sepoltura del Bovio,
è spartito con bell'ordine, e certi candellieri di marmo et alcune storiette e
figurine sono assai bene accomodate, et ogni cosa è ricca d'intaglio; ma le
figure, oltre che son piccole per la difficultà che si ha di condurre pezzi

grandi di marmo a Bologna, non sono pari all'architettura, né molto da
essere lodate. Mentre che fra' Giovann'Agnolo lavorava in Bologna
quest'opera, come quello che in ciò non era anco ben risoluto, andava
pensando in che luogo potesse più comodamente di quelli della sua

Religione consumare i suoi ultimi anni, quando maestro Zaccheria suo
amicissimo, che allora era priore della Nunziata di Firenze, disiderando di
tirarlo e fermarlo in quel luogo, parlò di lui col duca Cosimo, riducendogli a
memoria la virtù del frate e pregando che volesse servirsene; a che,

avendo risposto il Duca benignamente e che si servirebbe del frate tornato
che fusse da Bologna, maestro Zaccaria gli scrisse del tutto, mandatogli
appresso una lettera del cardinale Giovanni de' Medici, nella quale il
confortava quel signore a tornare a fare nella patria qualche opera

segnalata di sua mano. Le quali lettere avendo il frate ricevuto,
ricordandosi che Messer Pierfrancesco Ricci, dopo essere vivuto pazzo molti
anni era morto, e che similmente il Bandinello era mancato, i quali parea
che poco gli fussero stati amici, riscrisse che non mancherebbe di tornare

quanto prima potesse a servire sua eccellenza illustrissima, per fare in
servigio di quella non cose profane, ma alcun'opera sacra, avendo tutto
volto l'animo al servigio di Dio e de' suoi Santi. Finalmente dunque,
essendo tornato a Fiorenza l'anno 1561, se n'andò con maestro Zaccheria a

Pisa, dove erano il signor Duca et il Cardinale, per fare a loro illustrissime
signorie reverenza. Da' quali signori essendo stato benignamente ricevuto
e carezzato, e dettogli dal Duca che nel suo ritorno a Fiorenza gli sarebbe
dato a fare un'opera d'importanza, se ne tornò. Avendo poi ottenuto col

mezzo di maestro Zaccheria licenza dai suoi frati della Nunziata di potere
ciò fare, fece nel capitolo di quel convento, dove molti anni innanzi aveva
fatto il Moisè e San Paulo di stucchi, come s'è detto di sopra, una molto
bella sepoltura in mezzo per sé e per tutti gl'uomini dell'arte del disegno,

pittori, scultori et architettori che non avessono proprio luogo dove essere
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