Page 1566 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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avessi quasi ancor mai tocco colori; nel che fare m'avvidi che il provarsi e
fare da sé aiuta, insegna e fa che altri fa bonissima pratica. L'anno poi
1528, finita la peste, la prima opera che io feci fu una tavoletta nella
chiesa di San Piero d'Arezzo de' frati de' Servi, nella quale, che è

appoggiata a un pilastro, sono tre mezze figure: Sant'Agata, San Rocco e
San Bastiano. La qual pittura, vedendola il Rosso, pittore famosissimo, che
di que' giorni venne in Arezzo, fu cagione che conoscendovi qualche cosa di
buono, cavata dal naturale, mi volle conoscere e che poi m'aiutò di disegni

e di consiglio. Né passò molto che per suo mezzo mi diede Messer Lorenzo
Gamurrini a fare una tavola, della quale mi fece il Rosso il disegno, et io
poi la condussi con quanto più studio, fatica e diligenza mi fu possibile, per
imparare et acquistarmi un poco di nome. E se il potere avesse agguagliato

il volere sarei tosto divenuto pittore ragionevole, cotanto mi affaticava e
studiava le cose dell'arte, ma io trovava le difficultà molto maggiori di
quello che a principio aveva stimato.

Tuttavia, non perdendomi d'animo, tornai a Fiorenza, dove, veggendo non
poter se non con lunghezza di tempo divenir tale che io aiutassi tre sorelle
e due fratelli minori di me, statimi lasciati da mio padre, mi posi all'orefice;

ma vi stetti poco, perciò che venuto il campo a Fiorenza l'anno 1529, me
n'andai con Manno orefice e mio amicissimo a Pisa, dove, lasciato da parte
l'esercizio dell'orefice, dipinsi a fresco l'arco che è sopra la porta della
Compagnia vecchia de' Fiorentini, et alcuni quadri a olio, che mi furono fatti

fare per mezzo di don Miniato Pitti, abbate allora d'Agnano fuor di Pisa, e di
Luigi Guicciardini, che in quel tempo era in Pisa. Crescendo poi più ogni
giorno la guerra, mi risolvei tornarmene in Arezzo, ma non potendo per la
diritta via et ordinaria, mi condussi per le montagne di Modena a Bologna;

dove, trovando che si facevano per la coronazione di Carlo Quinto alcuni
archi trionfali di pittura, ebbi così giovinetto da lavorare con mio utile et
onore. E perché io disegnava assai acconciamente, arei trovato da starvi e
da lavorare, ma il disiderio che io aveva di riveder la mia famiglia e'

parenti, fu cagione che, trovata buona compagnia, me ne tornai in Arezzo,
dove, trovato in buono essere le cose mie, per la diligente custodia
avutane dal detto don Antonio mio zio, quietai l'animo et attesi al disegno,
facendo anco alcune cosette a olio di non molta importanza.

Intanto, essendo il detto don Miniato Pitti fatto non so se abbate o priore di
Santa Anna, monasterio di Monte Oliveto in quel di Siena, mandò per me;

e così feci a lui et all'Albenga loro generale alcuni quadri et altre pitture.
Poi, essendo il medesimo fatto abbate di San Bernardo d'Arezzo, gli feci nel
poggiuolo dell'organo, in due quadri a olio, Iobbe e Moisè. Per che, piaciuta

a que' monaci l'opera, mi feciono fare innanzi alla porta principale della
chiesa nella volta e facciate d'un portico alcune pitture a fresco, cioè i
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