Page 1567 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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quattro Evangelisti con Dio Padre nella volta et alcun'altre figure grandi
quanto il vivo, nelle quali se bene, come giovane poco sperto, non feci
tutto che arebbe fatto un più pratico, feci nondimeno quello che io seppi e
cosa che non dispiacque a que' padri, avuto rispetto alla mia poca età e

sperienza.
Ma non sì tosto ebbi compiuta quell'opera, che, passando il cardinale

Ipolito de' Medici per Arezzo in poste, mi condusse a Roma a' suoi servigii,
come s'è detto nella vita del Salviati, là dove ebbi commodità, per cortesia
di quel signore, di attendere molti mesi allo studio del disegno. E potrei
dire con verità questa comodità e lo studio di questo tempo essere stato il

mio vero e principal maestro in questa arte, se bene per innanzi mi aveano
non poco giovato i sopra nominati, e non mi s'era mai partito del cuore un
ardente desiderio d'imparare et uno indefesso studio di sempre disegnare
giorno e notte. Mi furono anco di grande aiuto in que' tempi le concorrenze

de' giovani miei eguali e compagni, che poi sono stati per lo più
eccellentissimi nella nostra arte. Non mi fu anco se non assai pungente
stimolo il disiderio della gloria et il vedere molti esser riusciti rarissimi e
venuti a gradi et onori. Onde diceva fra me stesso alcuna volta: "Perché

non è in mio potere con assidua fatica e studio procacciarmi delle
grandezze e gradi che s'hanno acquistato tanti altri? Furono pure anch'essi
di carne e d'ossa, come son io". Cacciato dunque da tanti e sì fieri stimoli e
dal bisogno che io vedeva avere di me la mia famiglia, mi disposi a non

volere perdonare a niuna fatica, disagio, vigilia e stento per conseguire
questo fine. E così propostomi nell'animo, non rimase cosa notabile allora
in Roma, né poi in Fiorenza et altri luoghi ove dimorai, la quale io in mia
gioventù non disegnassi: e non solo di pitture, ma anche di sculture et

architetture antiche e moderne, et oltre al frutto ch'io feci in disegnando la
volta e cappella di Michelagnolo, non restò cosa di Raffaello, Pulidoro e
Baldassarre da Siena, che similmente io non disegnassi in compagnia di
Francesco Salviati, come già s'è detto nella sua vita. Et acciò che avesse

ciascuno di noi i disegni d'ogni cosa, non disegnava il giorno l'uno quello
che l'altro, ma cose diverse; di notte poi ritraevamo le carte l'uno dell'altro,
per avanzar tempo e fare più studio, per non dir nulla che le più volte non
mangiavamo la mattina se non così ritti, e poche cose. Dopo la quale

incredibile fatica, la prima opera che m'uscisse di mano, come di mia
propria fucina, fu un quadro grande di figure quanto il vivo d'una Venere
con le Grazie, che la adornavano e facevan bella, la quale mi fece fare il
cardinale de' Medici; del qual quadro non accade parlare, perché fu cosa da

giovanetto, né io lo toccherei, se non che mi è grato ricordarmi ancor di
que' primi principii e molti giovamenti nel principio dell'arti. Basta che quel
signore et altri mi diedero a credere che fusse un non so che di buon
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