Page 1568 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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principio e di vivace e pronta fierezza. E perché fra l'altre cose vi avea fatto
per mio capriccio un satiro libidinoso, il quale, standosi nascosto fra certe
frasche, si rallegrava e godeva in guardare le Grazie e Venere ignude, ciò
piacque di maniera al cardinale, che, fattomi tutto di nuovo rivestire, diede

ordine che facessi in un quadro maggiore pur a olio la battaglia de' satiri
intorno a' fauni, silvani e putti, che quasi facessero una baccanalia; per
che, messovi mano, feci il cartone e dopo abbozzai di colori la tela, che era
lunga dieci braccia.

Avendo poi a partire il cardinale per la volta d'Ungheria, fattomi conoscere
a papa Clemente, mi lasciò in protezione di Sua Santità che mi dette in

custodia del signor Ieronimo Montaguto suo maestro di camera, con lettere
che volendo io fuggire l'aria di Roma quella state, io fussi ricevuto a
Fiorenza dal duca Alessandro, il che sarebbe stato bene che io avessi fatto;
perciò che volendo io pure stare in Roma, fra i caldi, l'aria e la fatica,

amalai di sorte, che per guarire fui forzato a farmi portare in ceste ad
Arezzo. Pure, finalmente guarito intorno alli dieci del dicembre vegnente,
venni a Fiorenza dove fui dal detto Duca ricevuto con buona cera, e poco
appresso dato in custodia al magnifico Messer Ottaviano de' Medici, il quale

mi prese di maniera in protezzione, che sempre, mentre visse, mi tenne in
luogo di figliuolo; la buona memoria del quale io riverirò sempre e
ricorderò come d'un mio amorevolissimo padre.

Tornato dunque ai miei soliti studii, ebbi comodo, per mezzo di detto
signore, d'entrare a mia posta nella sagrestia nuova di San Lorenzo, dove

sono l'opere di Michelagnolo, essendo egli di quei giorni andato a Roma, e
così le studiai per alcun tempo con molta diligenza così come erano in
terra. Poi, messomi a lavorare, feci in un quadro di tre braccia un Cristo
morto, portato da Niccodemo, Gioseffo et altri alla sepoltura, e dietro le
Marie piangendo. Il quale quadro, finito che fu, l'ebbe il duca Alessandro,

con buono e felice principio de' miei lavori; perciò che non solo ne tenne
egli conto mentre visse, ma è poi stato sempre in camera del duca Cosimo,
et ora è in quella dell'illustrissimo Principe suo figliuolo, et ancora che

alcuna volta io abbia voluto rimettervi mano per migliorarlo in qualche
parte, non sono stato lasciato.
Veduta dunque questa mia prima opera, il duca Alessandro ordinò che io

finissi la camera terrena del palazzo de' Medici, stata lasciata imperfetta,
come s'è detto, da Giovanni da Udine. Onde io vi dipinsi quattro storie de'
fatti di Cesare: quando, notando, ha in una mano i suoi comentarii et in

bocca la spada; quando fra abruciare i scritti di Pompeo, per non vedere
l'opere de' suoi nemici; quando, dalla fortuna in mare travagliato, si dà a
conoscere a un nocchieri; e finalmente il suo trionfo, ma questo non fu
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