Page 1572 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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Agostino del monte detto, per l'altar maggiore. E così rimaso d'accordo, me
ne venni a Firenze a vedere Messer Ottaviano, dove stando alcuni giorni,
durai delle fatiche a far sì che non mi rimettesse al servizio delle corti,
come aveva in animo; pure io vinsi la pugna con buone ragioni, e risolveimi
d'andar per ogni modo, avanti che altro facessi, a Roma. Ma ciò non mi
venne fatto se non poi che ebbi fatto al detto Messer Ottaviano una copia
del quadro, nel quale ritrasse già Raffaello da Urbino papa Leone, Giulio
cardinale de' Medici et il cardinale de' Rossi, perciò che il Duca rivoleva il
proprio, che allora era in potere di esso Messer Ottaviano. La qual copia
che io feci è oggi nelle case degl'eredi di quel signore, il quale nel partirmi
per Roma mi fece una lettera di cambio di 500 scudi a Giovanbatista
Puccini, che me gli pagasse ad ogni mia richiesta, dicendomi: "Serviti di
questi per potere attendere a' tuoi studii; quando poi n'arai il commodo,
potrai rendermegli o in opere, o in contanti a tuo piacimento".
Arrivato dunque in Roma di febraio l'anno 1538, vi stei tutto giugno,
attendendo, in compagnia di Giovanbatista Cungi dal Borgo mio garzone, a
disegnare tutto quello che mi era rimaso indietro l'altre volte che era stato
in Roma, et in particolare ciò che era sotto terra nelle grotte. Né lasciai
cosa alcuna d'architettura o scultura che io non disegnassi e non misurassi;
in tanto che posso dire con verità che i disegni ch'io feci in quello spazio di
tempo furono più di trecento. De' quali ebbi poi piacere et utile molti anni
in rivedergli, e rinfrescare la memoria delle cose di Roma. Le quali fatiche e
studio, quanto mi giovassero, si vide tornato che fui in Toscana nella
tavola, che io feci al Monte San Savino, nella quale dipinsi con alquanto
miglior maniera un'Assunzione di Nostra Donna, e da basso, oltre
agl'Apostoli che sono intorno al sepolcro, Santo Agostino e San Romualdo.
Andato poi a Camaldoli, secondo che avea promesso a que' padri romiti,
feci nell'altra tavola del tramezzo la Natività di Gesù Cristo, fingendo una
notte alluminata dallo splendore di Cristo nato, circondato da alcuni pastori
che l'adorano. Nel che fare andai imitando con i colori i raggi solari, e
ritrassi le figure e tutte l'altre cose di quell'opera dal naturale e col lume,
acciò fussero più che si potesse simili al vero. Poi, perché quel lume non
potea passare sopra la capanna, da quivi in su et all'intorno, feci che
suplisse un lume che viene dallo splendore degl'Angeli che in aria cantano
Gloria in excelsis Deo, senzaché in certi luoghi fanno lume i pastori, che
vanno attorno con covoni di paglia accesi, et in parte la luna, la stella e
l'Angelo che apparisce a certi pastori. Quanto poi al casamento, feci alcune
anticaglie a mio capriccio con statue rotte, et altre cose somiglianti. Et
insomma condussi quell'opera con tutte le forze e saper mio, e se bene non
arrivai con la mano e col pennello al gran disiderio e volontà di
ottimamente operare, quella pittura nondimeno a molti è piaciuta. Onde