Page 1577 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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dall'Aretino feci ai signori della Calza l'apparato d'una loro festa, dove ebbi
in mia compagnia Batista Cungi, e Cristofano Gherardi dal Borgo S.
Sepolcro, e Bastiano Flori aretino molto valenti e pratichi, di che si è in
altro luogo ragionato a bastanza, e gli nove quadri di pittura nel palazzo di

Messer Giovanni Cornaro, cioè nel soffittato d'una camera del suo palazzo,
che è da San Benedetto.

Dopo queste et altre opere di non piccola importanza che feci allora in
Vinezia, me ne partii, ancor che io fussi soprafatto dai lavori che mi
venivano per le mani, alli sedici d'agosto l'anno 1542, e tornaimene in
Toscana dove, avanti che ad altro volessi por mano, dipinsi nella volta

d'una camera, che di mio ordine era stata murata nella già detta mia casa,
tutte l'arti che sono sotto il disegno o che da lui dependono; nel mezzo è
una Fama, che siede sopra la palla del mondo e suona una tromba d'oro,
gettandone via una di fuoco finta per la Maledicenza, et intorno a lei sono

con ordine tutte le dette arti con i loro strumenti in mano. E perché non
ebbi tempo a far il tutto, lasciai otto ovati per fare in essi otto ritratti di
naturale de' primi delle nostre arti.

Ne' medesimi giorni feci alle monache di Santa Margherita di quella città, in
una cappella del loro orto, a fresco una Natività di Cristo di figure grandi
quanto il vivo. E così consumata che ebbi nella patria il resto di quella state

e parte dell'autunno, andai a Roma. Dove essendo dal detto Messer Bindo
ricevuto e molto carezzato, gli feci in un quadro a olio un Cristo quanto il
vivo levato di croce e posto in terra a' piedi della madre, e nell'aria Febo

che oscura la faccia del sole e Diana quella della luna. Nel paese poi,
oscurato da queste tenebre, si veggiono spezzarsi alcuni monti di pietra,
mossi dal terremoto che fu nel patir del Salvatore; e certi morti corpi di
Santi si veggiono, risorgendo, uscire de' sepolcri in varii modi. Il quale
quadro finito che fu, per sua grazia non dispiacque al maggior pittore,

scultore et architetto che sia stato a' tempi nostri e forse de' nostri passati;
per mezzo anco di questo quadro, fui, mostrandogliele il Giovio e Messer
Bindo, conosciuto dall'illustrissimo cardinale Farnese, al quale feci sì come

volle, in una tavola alta otto braccia e larga quattro, una Iustizia che
abbraccia uno struzzo, carico delle dodici tavole, e con lo scettro che ha la
cicogna in cima; et armata il capo d'una celata di ferro e d'oro, con tre
penne, impresa del giusto giudice, di tre variati colori, era nuda tutta dal
mezzo in su; alla cintura ha costei legati, come prigioni, con catene d'oro i

sette Vizii che a lei sono contrarii: la Corruzione, l'Ignoranza, la Crudeltà, il
Timore, il Tradimento, la Bugia e la Maledicenza; sopra le quali è posta in
sulle spalle la Verità tutta nuda, offerta dal Tempo alla Iustizia, con un

presente di due colombe fatte per l'Innocenza; alla quale Verità mette in
capo essa Iustizia una corona di quercia per la Fortezza dell'animo. La
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