Page 1578 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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quale tutta opera condussi con ogni accurata diligenza, come seppi il
meglio.
Nel medesimo tempo, facendo io gran servitù a Michelagnolo Buonarruoti e
pigliando da lui parere in tutte le cose mie, egli mi pose per sua bontà
molta più affezione, e fu cagione il suo consigliarmi a ciò, per avere veduto
alcuni disegni miei, che io mi diedi di nuovo e con miglior modo allo studio
delle cose d'architettura; il che per aventura non arei fatto già mai, se
quell'uomo eccellentissimo non mi avesse detto quel che mi disse, che per
modestia lo taccio.
Il San Pietro seguente, essendo grandissimi caldi in Roma, et avendo lì
consumata tutta quella vernata del 1543, me ne tornai a Fiorenza, dove in
casa Messer Ottaviano de' Medici, la quale io poteva dir casa mia, feci a
Messer Biagio Mei lucchese suo compare in una tavola il medesimo
concetto di quella di Messer Bindo in Santo Apostolo, ma variai dalla
invenzione in fuore ogni cosa, e quella finita si mise in Lucca in San Piero
Cigoli alla sua cappella. Feci in un'altra della medesima grandezza, cioè
alta sette braccia e larga quattro, la Nostra Donna, San Ieronimo, San
Luca, Santa Cecilia, Santa Marta, Santo Agostino e San Guido romito, la
quale tavola fu messa nel Duomo di Pisa, dove n'erano molte altre di mano
d'uomini eccellenti. Ma non ebbi sì tosto condotto questa al suo fine, che
l'Operaio di detto Duomo mi diede a fare un'altra. Nella quale perché
aveva andare similmente la Nostra Donna, per variare dall'altra, feci essa
Madonna con Cristo morto a' piè della croce posato in grembo a lei, i
ladroni in alto sopra le croci, e con le Marie e Niccodemo che sono intorno,
accomodati i Santi titolari di quelle cappelle che tutti fanno componimento
e vaga la storia di quella tavola.
Di nuovo tornato a Roma l'anno 1544, oltre a molti quadri che feci a diversi
amici, de' quali non accade far memoria, feci un quadro d'una Venere col
disegno di Michelagnolo a Messer Bindo Altoviti che mi tornavo seco in
casa, e dipinsi per Galeotto da Girone mercante fiorentino in una tavola a
olio Cristo deposto di croce, la quale fu posta nella chiesa di Santo
Agostino di Roma alla sua cappella. Per la quale tavola poter fare con mio
commodo, insieme alcun'opere che mi aveva allogato Tiberio Crispo
castellano di Castel Sant'Agnolo, mi era ritirato da me in Trastevere, nel
palazzo, che già murò il vescovo Adimari, sotto Santo Onofrio, che poi è
stato fornito da Salviati il secondo. Ma sentendomi indisposto e stracco da
infinite fatiche, fui forzato tornarmene a Fiorenza, dove feci alcuni quadri, e
fra gl'altri uno in cui era Dante, Petrarca, Guido Cavalcanti, il Boccaccio,
Cino da Pistoia e Guittone d'Arezzo, il quale fu poi di Luca Martini, cavato
dalle teste antiche loro accuratamente, del quale ne sono state fatte poi