Page 362 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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in collora, diede ordine di fare un modello egli ancora, accio che e' paresse
che il salario che tirava non fusse vano e che ci fusse per qual cosa. De'
quali modelli, quel di Filippo fu pagato lire cinquanta e soldi quindici; come
si trova in uno stanziamento al libro di Migliore di Tommaso a dì tre
d'ottobre nel 1419; et a uscita di Lorenzo Ghiberti lire trecento, per fatica e
spesa fatta nel suo modello: causato ciò dalla amicizia e favore che egli
aveva, più che da utilità o bisogno che ne avesse la fabbrica.
Durò questo tormento in su gli occhi di Filippo per fino al 1426, chiamando
coloro Lorenzo parimente che Filippo, inventori; lo qual disturbo era tanto
potente nello animo di Filippo, che egli viveva con grandissima passione.
Fatto adunque varie e nuove immaginazioni, deliberò al tutto de levarselo
da torno, conoscendo quanto e' valesse poco in quell'opera. Aveva Filippo
fatto voltare già intorno la cupola fra l'una volta e l'altra dodici braccia e
quivi avevano a mettersi su le catene di pietra e di legno: il che per essere
cosa difficile, ne volle parlare con Lorenzo per tentare se egli avesse
considerato questa difficultà. E trovollo tanto digiuno circa lo avere pensato
a tal cosa, che e' rispose che la rimetteva in lui come inventore. Piacque a
Filippo la risposta di Lorenzo, parendoli che questa fusse la via di farlo
allontanare dall'opera e da scoprire che non era di quella intelligenza che
lo tenevano gli amici suoi et il favore che lo aveva messo in quel luogo.
Dopo, essendo già fermi tutti i muratori dell'opera, aspettavano di dovere
cominciare sopra le dodici braccia e far le volte et incatenarle essendosi
cominciato a stringere la cupola da sommo, per lo che fare erano forzati
fare i ponti, acciò che i manovali e' muratori potessino lavorare senza
pericolo, atteso che l'altezza era tale che solamente guardando allo ingiù
faceva paura e sbigotimento a ogni sicuro animo. Stavasi dunque dai
muratori e dagli altri maestri ad aspettare il modo della catena e de' ponti:
né resolvendosi niente per Lorenzo né per Filippo, nacque una
mormorazione fra i muratori e gli altri maestri, non vedendo sollecitare
come prima; e perché essi, che povere persone erano, vivevano sopra le
lor braccia, e dubitavano che né all'uno né all'altro bastasse l'animo di
andare più su con quella opera, il meglio che sapevano e potevano,
andavano trattenendosi per la fabrica, ristoppando e ripulendo tutto quel
che era murato fino allora. Una mattina infra le altre, Filippo non capitò al
lavoro, e fasciatosi il capo entrò nel letto, e continuamente gridando si fece
scaldare taglieri e panni con una sollecitudine grande, fingendo avere mal
di fianco. Inteso questo, i maestri che stavano aspettando l'ordine di quel
che avevano a lavorare dimandarono Lorenzo quel che avevano a seguire:
rispose che l'ordine era di Filippo e che bisognava aspettare lui. Fu chi gli
disse: "Oh non sai tu l'animo suo?" "Sì", disse Lorenzo "ma non farei niente
senza esso." E questo lo disse in escusazion sua, che non avendo visto il