Page 361 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
P. 361





date agli altri capi maestri. Saputasi la allogazione fatta a Filippo per gli
artefici e per i cittadini, a chi pareva bene et a chi male, come sempre fu il
parere del popolo e degli spensierati e degli invidiosi. Mentre che si faceva
le provisioni per cominciare a murare, si destò su una setta fra artigiani e

cittadini, e fatto testa a' Consoli et agl'Operai, dissono che si era corsa la
cosa e che un lavoro simile a questo non doveva esser fatto per consiglio di
un solo, e che se eglino fussin privi d'uomini eccellenti, come eglino ne
avevono abbondanza, saria da perdonare loro; ma che non passava con

onore della città, perché venendo qualche disgrazia, come nelle fabriche
suole alcuna volta avvenire, potevano essere biasimati, come persone che
troppo gran carico avessino dato a un solo, senza considerare il danno e la
vergogna che al publico ne potrebbe risultare: e che però, per affrenare il

furore di Filippo era bene aggiugnergli un compagno.
Era Lorenzo Ghiberti venuto in molto credito, per aver già fatto esperienza

del suo ingegno nelle porte di Santo Giovanni, e che e' fusse amato da certi
che molto potevano nel governo, si dimostrò assai chiaramente perché, nel
vedere tanto crescere la gloria di Filippo, sotto spezie di amore e di
affezione verso quella fabbrica, operarono di maniera appresso de' Consoli

e degli Operai che fu unito compagno di Filippo in questa opera. In quanta
disperazione et amaritudine si trovassi Filippo, sentendo quel che avevano
fatto gli Operai, si conosce da questo, che fu per fuggirsi da Fiorenza; e se
non fussi stato Donato e Luca della Robbia che lo confortavano, era per

uscire fuor di sé. Veramente empia e crudel rabbia è quella di coloro che,
accecati dall'invidia, pongono a pericolo gli onori e le belle opere, per la
gara della ambizione. Da loro certo non restò che Filippo non ispezzasse i
modelli, abruciasse i disegni et in men di mezza ora precipitasse tutta

quella fatica che aveva condotta in tanti anni. Gl'Operai, scusatisi prima
con Filippo, lo confortarono a andare inanzi, che lo inventore et autore di
tal fabrica era egli, e non altri; ma tuttavolta fecero a Lorenzo il medesimo
salario che a Filippo. Fu seguitato l'opera con poca voglia di lui, conoscendo

avere a durare le fatiche che ci faceva, e poi avere a dividere l'onore e la
fama a mezzo con Lorenzo. Pure messosi in animo che troverrebbe modo
che non durerebbe troppo in questa opera, andava seguitando insieme con
Lorenzo nel medesimo modo che stava lo scritto dato agli operai. Destossi

in questo mentre nello animo di Filippo un pensiero di volere fare un
modello, che ancora non se ne era fatto nessuno; e così messo mano, lo
fece lavorare a un Bartolomeo legnaiuolo, che stava dallo Studio. Et in
quello, come il proprio, misurato appunto in quella grandezza, fece tutte le

cose difficili, come scale alluminate e scure e tutte le sorti de' lumi, porte e
catene e speroni; e vi fece un pezzo d'ordine del ballatoio. Il che avendo
inteso, Lorenzo cercò di vederlo, ma perché Filippo gliene negò, venutone
   356   357   358   359   360   361   362   363   364   365   366