Page 372 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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furono contenti di compiacerne la signora duchessa; la quale, mentre visse,
vi andò sempre spendendo, ma non però in modo che potesse sperare di
così tosto finirlo. Ben è vero che se ella viveva, era d'animo, secondo che
già intesi, di spendervi in uno anno solo quarantamila ducati per vederlo,

se non finito, a bonissimo termine. E perché il modello di Filippo non si è
trovato, n'ha fatto fare sua eccellenza un altro a Bartolomeo Ammannati,
scultore et architetto eccellente, e secondo quello si va lavorando; e già è
fatto una gran parte del cortile d'opera rustica, simile al difuori. E nel vero,

chi considera la grandezza di quest'opera, stupisce come potesse capire
nell'ingegno di Filippo così grande edifizio magnifico veramente, non solo
nella facciata di fuori, ma ancora nello spartimento di tutte le stanze.
Lascio stare la veduta ch'è bellissima, et il quasi teatro, che fanno

l'amenissime colline che sono intorno al palazzo verso le mura: perché,
com'ho detto, sarebbe troppo lungo voler dirne a pieno; né potrebbe mai
niuno che nol vedesse imaginarsi quanto sia, a qualsivoglia altro regio
edifizio, superiore.

Dicesi ancora che gl'ingegni del Paradiso di S. Filice in piazza, nella detta
città, furono trovati da Filippo, per fare la rappresentazione o vero festa

della Nunziata, in quel modo che anticamente a Firenze in quel luogo si
costumava di fare. La qual cosa invero era maravigliosa, e dimostrava
l'ingegno e l'industria di chi ne fu inventore: perciò che si vedeva in alto un
cielo pieno di figure vive moversi, et una infinità di lumi, quasi in un baleno

scoprirsi e ricoprirsi. Ma non voglio che mi paia fatica raccontare come
gl'ingegni di quella machina stavano per a punto: atteso che ogni cosa è
andata male e sono gl'uomini spenti che ne sapevano ragionare per
esperienza: senza speranza che s'abbiano a rifare, abitando oggi quel

luogo non più monaci di Camaldoli, come facevano, ma le monache di S.
Pier martire; e massimamente ancora essendo stato guasto quello del
Carmine, perché tirava giù i cavagli che reggono il tetto. Aveva dunque
Filippo per questo effetto, fra due legni di que' che reggevano il tetto della

chiesa, accomodata una mezza palla tonda a uso di scodella vota, o vero di
bacino da barbiere, rimboccata all'ingiù; la quale mezza palla era di tavole
sottili e leggeri, confitte a una stella di ferro che girava il sesto di detta
mezza palla, e strignevano verso il centro, che era bilicato in mezzo, dove

era un grande anello di ferro intorno al quale girava la stella de' ferri che
reggevano la mezza palla di tavole. E tutta questa machina era retta da un
legno d'abeto gagliardo e bene armato di ferri, il quale era a traverso ai
cavalli del tetto. Et in questo legno era confitto l'anello, che teneva

sospesa e bilicata la mezza palla, la quale da terra pareva veramente un
cielo. E perché alla aveva da piè nell'orlo di dentro certe base di legno,
tanto grandi e non più che uno vi poteva tenere i piedi, et all'altezza d'un
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