Page 394 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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non potette l'ingegno di Michelozzo rimediare, cioè alla scala publica,
perché da principio fu male intesa, posta in mal luogo e fatta malagevole,
erta e senza lumi, con gli scaglioni di legno dal primo piano in su; s'affaticò
nondimeno di maniera che all'entrata del cortile fece una salita di scaglioni
tondi et una porta con pilastri di pietra forte e con bellissimi capitelli
intagliati di sua mano, et una cornice architravata doppia, con buon
disegno, nel fregio della quale accomodò tutte l'arme del comune. E, che è
più, fece tutte le scale di pietra forte insino al piano dove stava la Signoria;
e le fortificò in cima et a mezzo con due saracinesche, per i casi de'
tumulti; et a sommo della scala fece una porta che si chiamava la catena,
dove stava del continuo un tavolaccino che apriva e chiudeva, secondo che
gli era commesso da chi governava. Riarmò la torre del campanile, che era
crepata per il peso di quella parte che posa in falso, cioè sopra i beccatelli
di verso la piazza, con cigne grandissime di ferro. E finalmente bonificò e
restaurò di maniera questo palazzo, che ne fu da tutta la città comendato,
e fatto, oltre agl'altri premii, di Collegio; il quale magistrato è in Firenze
onorevole molto. E se a qualcuno paresse che io mi fussi in questo forse
più disteso che bisogno non era, ne merito scusa, perché dopo aver
mostrato nella vita d'Arnolfo la sua prima edificazione, che fu l'anno 1298,
fatta fuor di squadra e d'ogni ragionevole misura, con colonne dispari nel
cortile, archi grandi e piccoli, scale mal commode e stanze bieche e
sproporzionate, faceva bisogno che io dimostrasse ancora a qual termine lo
riducesse l'ingegno e giudizio di Michelozzo, se bene anch'egli non
l'accommodò in modo che si potesse agiatamente abitarvi, né altrimenti
che con disagio e scommodo grandissimo. Essendovi finalmente venuto ad
abitar, l'anno 1538, il signor duca Cosimo, cominciò sua eccellenza a ridurlo
a miglior forma, ma perché non fu mai inteso né saputo essequire il
concetto del Duca da quegli architetti che in quell'opera molti anni lo
servirono, egli si diliberò di vedere se si poteva, senza guastare il vecchio
nel quale era pur qualcosa di buono, racconciare, facendo, secondo che egli
aveva nello animo, le scale e le stanze scommode e disagiose, con miglior
ordine, commodità e proporzione.
Fatto dunque venire da Roma Giorgio Vasari pittore et architetto aretino, il
quale serviva papa Giulio Terzo, gli diede commessione che non solo
accommodasse le stanze che aveva fatto cominciare nell'apartato di sopra,
dirimpetto alla piazza del grano (come che rispetto alla pianta di sotto
fussero bieche), ma che ancora andasse pensando se quel palazzo si
potesse, senza guastare quel che era fatto, ridurre di dentro in modo che
per tutto si caminasse da una parte all'altra, e dall'un luogo all'altro, per
via di scale segrete e publiche, e più piane che si potesse. Giorgio
adunque, mentre che le dette stanze cominciate si adornavano di palchi