Page 428 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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oggi è guasto e tutto consumato dal tempo.
Lavorava in Arezzo, ne' tempi di Lazzaro, finestre di vetro Fabiano Sassoli
aretino, giovane in quello esercizio di molta intelligenza, come ne fanno
fede l'opere che sono di suo nel Vescovado, Badia, Pieve et altri luoghi di
quella città; ma non aveva molto disegno e non aggiugneva a gran pezzo a
quelle che Parri Spinelli faceva; perché deliberando, sì come ben sapeva
cuocere i vetri, commettergli et armargli, così voler fare qualche opera che
fusse anco di ragionevole pittura, si fece fare a Lazzaro due cartoni a sua
fantasia, per fare due finestre alla Madonna delle Grazie. E ciò avendo
ottenuto da Lazzaro, che amico suo e cortese artefice era, fece le dette
finestre e le condusse di maniera belle e ben fatte, che non hanno da
vergognarsi da molte. In una è una Nostra Donna molto bella, e nell'altra
(la quale è di gran lunga migliore) è una Resurrezione di Cristo, che ha
dinanzi al sepolcro un armato in iscorto, che per essere la finestra piccola,
e per conseguente la pittura, è maraviglia come in sì poco spazio possono
apparire quelle figure così grandi. Molte altre cose potrei dire di Lazzaro, il
quale disegnò benissimo, come si può vedere in alcune carte del nostro
libro, ma perché così mi par ben fatto, le tacerò.
Fu Lazzaro persona piacevole et argutissimo nel parlare; et ancora che
fusse molto dedito ai piaceri, non però si partì mai dalla vita onesta. Visse
ancora 72, e lasciò Giorgio suo figliuolo, il quale attese continuamente
all'antiquità de' vasi di terra aretini; e nel tempo che in Arezzo dimorava
Messer Gentile urbinate, vescovo di quella città, ritrovò i modi del colore
rosso e nero de' vasi di terra che insino al tempo del re Porsena i vecchi
aretini lavorarono. Et egli, che industriosa persona era, fece vasi grandi al
torno d'altezza d'un braccio e mezzo, i quali in casa sua si veggiono ancora.
Dicono che, cercando egli di vasi in un luogo, dove pensava che gl'antichi
avessero lavorato, trovò in un campo di terra al Ponte alla Calciarella,
luogo così chiamato, sotto terra tre braccia, tre archi delle fornaci antiche,
et intorno a essi di quella mistura e molti vasi rotti; degl'interi quattro, i
quali, andando in Arezzo il Magnifico Lorenzo de' Medici, da Giorgio per
introduzzione del vescovo gl'ebbe in dono; onde furono cagione e principio
della servitù che con quella felicissima casa poi sempre tenne. Lavorò
Giorgio benissimo di rilievo, come si può vedere in casa sua in alcune teste
di sua mano. Ebbe cinque figliuoli maschi, i quali tutti fecero l'esercizio
medesimo, e tra loro furono buoni artefici Lazzaro e Bernardo, che
giovinetto morì a Roma; e certo se la morte non lo rapiva così tosto alla
casa sua, per l'ingegno che destro e pronto si vide in lui, egli avrebbe
accresciuto onore alla patria sua. Morì Lazzaro vecchio nel 1452 e Giorgio
suo figliuolo, essendo di 68 anni, nel 1484, e furono sepolti amendue nella
Pieve d'Arezzo, appiè della cappella loro di S. Giorgio, dove in lode di