Page 493 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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molto, e particolarmente quello del doge Loredano, se bene altri dicono
essere stato Giovanni Mozzenigo, fratello di quel Piero che fu doge molto
inanzi a esso Loredano. Fece dopo Giovanni una tavola nella chiesa di S.
Giovanni, all'altare di S. Caterina da Siena, nella quale, che è assai grande,

dipinse la Nostra Donna a sedere col Putto in collo, S. Domenico, S.
Ieronimo, S. Caterina, S. Orsola e due altre vergini; et a' piedi della Nostra
Donna fece tre putti ritti, che cantano a un libro, bellissimo. Di sopra fece
lo sfondato d'una volta in un casamento che è molto bello; la qual opera fu

delle migliori che fusse stata fatta insino allora in Venezia. Nella chiesa di
S. Iobbe dipinse il medesimo all'altar di esso Santo, una tavola con molto
disegno e bellissimo colorito, nella quale fece in mezzo, a sedere un poco
alta, la Nostra Donna col Putto in collo, e S. Iobbe e S. Bastiano nudi; et

appresso S. Domenico, S. Francesco, S. Giovanni e S. Agostino, e da basso
tre putti che suonano con molta grazia, e questa pittura fu non solo lodata
allora che fu vista di nuovo, ma è stata similmente sempre dopo, come
cosa bellissima. Da queste lodatissime opere mossi, alcuni gentiluomini

cominciarono a ragionare che sarebbe ben fatto, con l'occasione di così rari
maestri, fare un ornamento di storie nella sala del gran consiglio, nelle
quali si dipignessero le onorate magnificenze della loro maravigliosa città,
le grandezze, le cose fatte in guerra, l'imprese et altre cose somiglianti,

degne di essere rappresentate in pittura alla memoria di coloro che
venisseno; acciò che all'utile e piacere che si trae dalle storie che si
leggono, si aggiugnesse trattenimento all'occhio et all'intelletto parimente,
nel vedere da dottissima mano fatte l'imagini di tanti illustri signori, e

l'opere egregie di tanti gentiluomini, dignissimi d'eterna fama e memoria. A
Giovanni dunque e Gentile, che ogni giorno andavano acquistando
maggiormente, fu ordinato da chi reggeva che si allogasse quest'opera, e
commesso che quanto prima se le desse principio. Ma è da sapere che

Antonio Viniziano, come si disse nella vita sua, molto innanzi aveva dato
principio a dipignere la medesima sala, e vi aveva fatto una grande storia,
quando dall'invidia d'alcuni maligni fu forzato a partirsi e non seguitare
altramente quella onoratissima impresa. Ora Gentile, o per avere miglior

modo e più pratica nel dipignere in tela che a fresco, o qualunche altra si
fusse la cagione, adoperò di maniera che con facilità ottenne di fare
quell'opera non in fresco, ma in tela. E così messovi mano, nella prima fece
il papa che presenta al doge un cero, perché lo portasse nella solennità di

processioni che s'avevano a fare. Nella quale opera ritrasse Gentile tutto il
difuori di S. Marco et il detto papa fece ritto in pontificale con molti prelati
dietro, e similmente il doge diritto, accompagnato da molti senatori. In
un'altra parte fece prima quando l'imperatore Barbarossa riceve

benignamente i legati viniziani, e di poi quando tutto sdegnato si prepara
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