Page 602 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
P. 602





graziosissimo Raffaello da Urbino, il quale studiando le fatiche de' maestri
vecchi e quelle de' moderni, prese da tutti il meglio, e fattone raccolta,
arricchì l'arte della pittura di quella intera perfezzione, che ebbero
anticamente le figure d'Apelle e di Zeusi e più, se si potesse dire o

mostrare l'opere di quelli a questo paragone. Laonde la natura restò vinta
dai suoi colori, e l'invenzione era in lui sì facile e propria quanto può
giudicare chi vede le storie sue, le quali sono simili alli scritti, mostrandoci
in quelle i siti simili e gli edificii, così come nelle genti nostrali e strane, le

cere e gli abiti, secondo che egli ha voluto: oltra il dono della grazia delle
teste, giovani, vecchi e femmine, riservando alle modeste la modestia, alle
lascive la lascivia et ai putti ora i vizii negli occhi et ora i giuochi nelle
attitudini. E così i suoi panni piegati, né troppo semplici, né intrigati, ma

con una guisa che paiono veri. Seguì in questa maniera, ma più dolce di
colorito e non tanta gagliarda Andrea del Sarto, il qual si può dire che fusse
raro, perché l'opere sue sono senza errori. Né si può esprimere le
leggiadrissime vivacità, che fece nelle opere sue Antonio da Correggio,

sfilando i suoi capelli con un modo, non di quella maniera fine che facevano
gli innanzi a lui, ch'era difficile, tagliente e secca, ma d'una piumosità
morbidi, che si scorgevano le fila nella facilità del farli, che parevano d'oro
e più belli che i vivi, i quali restano vinti dai suoi coloriti.

Il simile fece Francesco Mazzola Parmigiano, il quale in molte parti di
grazia e di ornamenti e di bella maniera lo avanzò, come si vede in molte

pitture sue, le quali ridano nel viso e sì come gli occhi veggono
vivacissimamente, così si scorge il batter de' polsi, come più piacque al suo
pennello. Ma chi considererà l'opere delle facciate di Polidoro e di Maturino,
vedrà le figure far que' gesti che l'impossibile non può fare, e stupirà come

e' si possa non ragionare con la lingua ch'è facile, ma esprimere col
pennello le terribilissime invenzioni messe da loro in opera con tanta
pratica e destrezza, rappresentando i fatti de' Romani, come e' furono
propriamente. E quanti ce ne sono stati, che hanno dato vita alle loro

figure coi colori ne' morti? Come il Rosso, fra' Sebastiano, Giulio Romano,
Perin del Vaga, perché de' vivi, che per se medesimi son notissimi, non
accade qui ragionare. Ma quello che importa il tutto di questa arte è che
l'hanno ridotta oggi talmente perfetta e facile per chi possiede il disegno,

l'invenzione et il colorito, che dove prima da que' nostri maestri si faceva
una tavola in sei anni, oggi in un anno questi maestri ne fanno sei: et io ne
fo indubitatamente fede e di vista e d'opera; e molto più si veggono finite
e perfette, che non facevano prima gli altri maestri di conto. Ma quello che

fra i morti e' vivi porta la palma e trascende e ricuopre tutti è il divino
Michelagnolo Buonarroti il qual non solo tien il principato di una di queste
arti, ma di tutte tre insieme. Costui supera e vince non solamente tutti
   597   598   599   600   601   602   603   604   605   606   607