Page 609 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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sonora di voce, laonde superò tutti i musici, che quivi erano concorsi a
sonare. Oltra ciò fu il migliore dicitore di rime a l'improviso del tempo suo.
Sentendo il Duca i ragionamenti tanto mirabili di Lionardo, talmente
s'innamorò de le sue virtù, che era cosa incredibile. E pregatolo, gli fece
fare in pittura una tavola d'altare, dentrovi una Natività che fu mandata dal
Duca a l'imperatore. Fece ancora in Milano ne' frati di S. Domenico a S.
Maria de le Grazie un Cenacolo, cosa bellissima e maravigliosa, et alle
teste degli Apostoli diede tanta maestà e bellezza, che quella del Cristo
lasciò imperfetta, non pensando poterle dare quella divinità celeste, che a
l'imagine di Cristo si richiede. La quale opera, rimanendo così per finita, è
stata dai milanesi tenuta del continuo in grandissima venerazione, e dagli
altri forestieri ancora, atteso che Lionardo si imaginò e riuscigli di
esprimere quel sospetto che era entrato negl'Apostoli, di voler sapere chi
tradiva il loro maestro. Per il che si vede nel viso di tutti loro l'amore, la
paura e lo sdegno, o vero il dolore, di non potere intendere lo animo di
Cristo. La qual cosa non arreca minor maraviglia, che il conoscersi allo
incontro l'ostinazione, l'odio e 'l tradimento in Giuda, senza che ogni
minima parte dell'opera mostra una incredibile diligenzia. Avvenga che
insino nella tovaglia è contraffatto l'opera del tessuto, d'una maniera che la
rensa stessa non mostra il vero meglio.
Dicesi che il priore di quel luogo sollecitava molto importunamente
Lionardo che finissi l'opera, parendogli strano veder talora Lionardo starsi
un mezzo giorno per volta astratto in considerazione, et arebbe voluto,
come faceva dell'opere che zappavano ne l'orto, che egli non avesse mai
fermo il pennello. E non gli bastando questo, se ne dolse col Duca e tanto
lo rinfocolò, che fu costretto a mandar per Lionardo e destramente
sollecitarli l'opera, mostrando con buon modo, che tutto faceva per
l'importunità del priore. Lionardo, conoscendo l'ingegno di quel principe
esser acuto e discreto, volse (quel che non avea mai fatto con quel priore)
discorrere col Duca largamente sopra di questo; gli ragionò assai de l'arte,
e lo fece capace che gl'ingegni elevati, talor che manco lavorano, più
adoperano, cercando con la mente l'invenzioni, e formandosi quelle
perfette idee, che poi esprimono e ritraggono le mani da quelle già
concepute ne l'intelletto. E gli soggiunse che ancor gli mancava due teste
da fare, quella di Cristo, della quale non voleva cercare in terra e non
poteva tanto pensare, che nella imaginazione gli paresse poter concipere
quella bellezza e celeste grazia, che dovette essere quella de la divinità
incarnata. Gli mancava poi quella di Giuda, che anco gli metteva pensiero,
non credendo potersi imaginare una forma, da esprimere il volto di colui,
che dopo tanti benefizii ricevuti, avessi avuto l'animo sì fiero, che si fussi
risoluto di tradir il suo Signore e creator del mondo, purché di questa