Page 698 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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come si dirà. E ciò forse avviene perché il cielo va compartendo le grazie,
acciò stia contento ciascuno a quella che gli tocca. Ma avendo oggimai
discorso sopra queste cose dell'arte, forse più che bisogno non era, per
ritornare alla vita e morte di Raffaello dico che, avendo egli stretta amicizia

con Bernardo Divizio cardinale di Bibbiena, il cardinale l'aveva molti anni
infestato per dargli moglie e Raffaello non aveva espressamente ricusato di
fare la voglia del cardinale, ma aveva ben trattenuto la cosa, con dire di
volere aspettare che passassero tre o quattro anni; il quale termine

venuto, quando Raffaello non se l'aspettava, gli fu dal cardinale ricordata la
promessa et egli vedendosi obligato, come cortese non volle mancare della
parola sua e così accettò per donna una nipote di esso cardinale. E perché
sempre fu malissimo contento di questo laccio, andò in modo mettendo

tempo in mezzo, che molti mesi passarono, che 'l matrimonio non
consumò. E ciò faceva egli non senza onorato proposito. Perché, avendo
tanti anni servito la corte et essendo creditore di Leone di buona somma,
gli era stato dato indizio che alla fine della sala, che per lui si faceva, in

ricompensa delle fatiche e delle virtù sue, il Papa gli avrebbe dato un
capello rosso, avendo già deliberato di farne un buon numero e fra essi
qualcuno di manco merito che Raffaello non era. Il quale Raffaello,
attendendo in tanto a' suoi amori così di nascosto, continuò fuor di modo i

piaceri amorosi, onde avvenne ch'una volta fra l'altre disordinò più del
solito; perché tornato a casa con una grandissima febbre, fu creduto da'
medici che fosse riscaldato; onde, non confessando egli il disordine che
aveva fatto, per poca prudenza, loro gli cavarono sangue; di maniera che

indebilito si sentiva mancare, là dove egli aveva bisogno di ristoro. Perché
fece testamento e prima come cristiano mandò l'amata sua fuor di casa e
le lasciò modo di vivere onestamente; dopo divise le cose sue fra' discepoli
suoi: Giulio Romano, il quale sempre amò molto, Giovan Francesco

Fiorentino detto il Fattore, et un non so chi prete da Urbino suo parente.
Ordinò poi che delle sue facultà in Santa Maria Ritonda si restaurasse un
tabernacolo di quegli antichi di pietre nuove et uno altare si facesse con
una statua di Nostra Donna di marmo, la quale per sua sepoltura e riposo

dopo la morte s'elesse; e lasciò ogni suo avere a Giulio e Giovan Francesco,
faccendo essecutore del testamento Messer Baldassarre da Pescia, allora
datario del Papa. Poi confesso e contrito finì il corso della sua vita il giorno
medesimo che nacque, che fu il venerdì santo d'anni XXXVII, l'anima del

quale è da credere che come di sue virtù ha abbellito il mondo, così abbia
di sé medesima adorno il cielo.

Gli misero alla morte al capo nella sala, ove lavorava, la tavola della
Trasfigurazione che aveva finita per il cardinale de' Medici, la quale opera
nel vedere il corpo morto e quella viva, faceva scoppiare l'anima di dolore
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