Page 694 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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per averne egli voglia, a sé medesimo lo tolse parendogli aver seco obligo
infinito et ora si ritrova in Fiorenza nelle mani di Francesco Benintendi.
Dipinse a Giulio cardinale de' Medici e vice cancelliere una tavola della
Trasfigurazione di Cristo per mandare in Francia, la quale egli di sua mano,

continuamente lavorando, ridusse ad ultima perfezzione. Nella quale storia
figurò Cristo trasfigurato nel Monte Tabor et appié di quello gli undici
Discepoli che lo aspettano; dove si vede condotto un giovanetto spiritato
acciò che Cristo sceso del monte lo liberi, il quale giovanetto mentre che

con attitudine scontorta si prostende gridando e stralunando gli occhi,
mostra il suo patire dentro nella carne, nelle vene e ne' polsi contaminati
dalla malignità dello spirto e con pallida incarnazione fa quel gesto forzato
e pauroso. Questa figura sostiene un vecchio che, abbracciatola e preso

animo, fatto gli occhi tondi con la luce in mezzo, mostra con lo alzare le
ciglia et increspar la fronte, in un tempo medesimo e forza e paura. Pure
mirando gli Apostoli fiso pare che sperando in loro faccia animo a se
stesso. Èvvi una femina fra molte, la quale è principale figura di quella

tavola, che inginocchiata dinanzi a quegli, voltando la testa loro e coll'atto
delle braccia verso lo spiritato, mostra la miseria di colui. Oltra che gli
Apostoli chi ritto e chi a sedere et altri ginocchioni mostrano avere
grandissima compassione di tanta disgrazia. E nel vero egli vi fece figure e

teste, oltra la bellezza straordinaria, tanto nuove, varie e belle che si fa
giudizio commune degli artefici che questa opera, fra tante quant'egli ne
fece, sia la più celebrata, la più bella e la più divina. Avvenga che chi vuol
conoscere [e] mostrare [in] pittura Cristo trasfigurato alla divinità lo guardi

in questa opera, nella quale egli lo fece sopra a questo monte diminuito in
una aria lucida con Mosè et Elia, che alluminati da una chiarezza di
splendore si fanno vivi nel lume suo; sono in terra prostrati Pietro, Iacopo e
Giovanni, in varie e belle attitudini: chi ha a terra il capo e chi con fare

ombra agl'occhi con le mani si difende dai raggi e dalla immensa luce dello
splendore di Cristo. Il quale vestito di colore di neve, pare che aprendo le
braccia et alzando la testa, mostri la essenza e la deità di tutt'e tre le
Persone unitamente ristrette nella perfezzione dell'arte di Raffaello, il quale

pare che tanto si restrignesse insieme con la virtù sua, per mostrare lo
sforzo et il valor dell'arte nel volto di Cristo, che finitolo, come ultima cosa
che a fare avesse, non toccò più pennelli, sopragiugnendoli la morte.

Ora, avendo raccontate l'opere di questo eccellentissimo artefice, prima
che io venga a dire altri particolari della vita e morte sua, non voglio che
mi paia fatica discorrere alquanto per utile de' nostri artefici intorno alle

maniere di Raffaello. Egli dunque, avendo nella sua fanciullezza imitato la
maniera di Pietro Perugino suo maestro, e fattala molto migliore, per
disegno, colorito et invenzione, e parendogli aver fatto assai, conobbe,
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