Page 699 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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a ogni uno che quivi guardava. La quale tavola per la perdita di Raffaello fu
messa dal cardinale a San Pietro a Montorio allo altar maggiore; e fu poi
sempre per la rarità d'ogni suo gesto in gran pregio tenuta. Fu data al
corpo suo quella onorata sepoltura che tanto nobile spirito aveva meritato,

perché non fu nessuno artefice che dolendosi non piagnesse et insieme alla
sepoltura non l'accompagnasse. Dolse ancora sommamente la morte sua a
tutta la corte del Papa, prima per avere egli avuto in vita uno officio di
cubiculario et appresso per essere stato sì caro al Papa che la sua morte

amaramente lo fece piagnere. O felice e beata anima, da che ogn'uomo
volentieri ragiona di te e celebra i gesti tuoi et ammira ogni tuo disegno
lasciato. Ben poteva la pittura, quando questo nobile artefice morì, morire
anche ella che quando egli gli occhi chiuse, ella quasi cieca rimase. Ora a

noi che dopo lui siamo rimasi, resta imitare il buono, anzi ottimo modo, da
lui lasciatoci in esempio e come merita la virtù sua e l'obligo nostro,
tenerne nell'animo graziosissimo ricordo e farne con la lingua sempre
onoratissima memoria. Che invero noi abbiamo per lui l'arte, i colori e la

invenzione unitamente ridotti a quella fine e perfezzione che appena si
poteva sperare, né di passar lui già mai si pensi spirito alcuno. Et oltre a
questo beneficio che e' fece all'arte, come amico di quella, non restò
vivendo mostrarci come si negozia con gli uomini grandi, co' mediocri e con

gl'infimi. E certo fra le sue doti singulari ne scorgo una di tal valore che in
me stesso stupisco: che il cielo gli diede forza di poter mostrare ne l'arte
nostra uno effetto sì contrario alle complessioni di noi pittori; questo è che
naturalmente gli artefici nostri, non dico solo i bassi, ma quelli che hanno

umore d'esser grandi (come di questo umore l'arte ne produce infiniti),
lavorando ne l'opere in compagnia di Raffaello stavano uniti e di concordia
tale che tutti i mali umori nel veder lui si amorzavano et ogni vile e basso
pensiero cadeva loro di mente. La quale unione mai non fu più in altro

tempo che nel suo. E questo avveniva perché restavano vinti dalla cortesia
e dall'arte sua, ma più dal genio della sua buona natura. La quale era sì
piena di gentilezza e sì colma di carità, che egli si vedeva che fino agli
animali l'onoravano, non che gli uomini. Dicesi che ogni pittore che

conosciuto l'avesse, et anche chi non lo avesse conosciuto, se lo avessi
richiesto di qualche disegno che gli bisognasse, egli lasciava l'opera sua per
sovvenirlo. E sempre tenne infiniti in opera, aiutandoli et insegnandoli con
quello amore che non ad artifici, ma a figliuoli proprii si conveniva. Per la

qual cagione si vedeva che non andava mai a corte che partendo di casa
non avesse seco cinquanta pittori tutti valenti e buoni che gli facevono
compagnia per onorarlo. Egli insomma non visse da pittore, ma da
principe: per il che o arte della pittura, tu pur ti potevi allora stimare

felicissima avendo un tuo artefice che di virtù e di costumi t'alzava sopra il
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