Page 830 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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prete. Perché levatosi il rumore, né sapendo alcuno onde la cosa venisse,
fu cacciato mano alle spade contra il povero Rosso, il quale era alle mani
con i preti. Onde egli datosi a fuggire, con destrezza si ricoverò nelle
stanze sue, senza essere stato offeso o raggiunto da nessuno. Ma
tenendosi per ciò vituperato, finita la tavola di Castello, senza curarsi del
lavoro d'Arezzo, o del danno che faceva a Gioan Antonio suo mallevadore,
avendo avuto più di centocinquanta scudi, si partì di notte, e facendo la via
di Pesaro, se n'andò a Vinezia. Dove essendo da Messer Pietro Aretino
trattenuto, gli disegnò in una carta, che poi fu stampata, un Marte che
dorme con Venere e gl'Amori, e le Grazie che lo spogliano e gli traggono la
corazza. Da Vinezia partito, se n'andò in Francia, dove fu con molte carezze
dalla nazione fiorentina ricevuto. Quivi fatti alcuni quadri, che poi furono
posti in Fontanableò nella galleria, gli donò al re Francesco, al quale
piacquero infinitamente, ma molto più la presenza, il parlare e la maniera
del Rosso, il quale era grande di persona, di pelo rosso conforme al nome,
et in tutte le sue azzioni grave, considerato e di molto giudizio. Il re,
adunque, avendogli subito ordinato una provisione di quattrocento scudi, e
donatogli una casa in Parigi, la quale abitò poco per starsi il più del tempo
a Fontanableò, dove aveva stanze e vivea da signore, lo fece capo
generale sopra tutte le fabriche, pitture et altri ornamenti di quel luogo.
Nel quale primieramente diede il Rosso principio a una galleria sopra la
bassa corte, facendo di sopra non volta, ma un palco, o vero soffittato di
legname con bellissimo spartimento; le facciate dalle bande fece tutte
lavorate di stucchi, con partimenti bizzarri e stravaganti e di più sorti
cornici intagliate, con figure ne' reggimenti grandi quanto il naturale,
adornando ogni cosa sotto le cornici, fra l'un reggimento e l'altro, di festoni
di stucco ricchissimi, e d'altri di pittura con frutti bellissimi e verzure d'ogni
sorte. E dopo, in un vano grande, fece dipignere col suo disegno (se bene
ho inteso il vero) circa ventiquattro storie, a fresco, credo, dei fatti
d'Alessandro Magno; facendo esso come ho detto tutti i disegni, che furono
d'acquerello e di chiaro scuro. Nelle due testate di questa galleria sono due
tavole a olio di sua mano disegnate e dipinte, di tanta perfezzione, che di
pittura si può vedere poco meglio. Nell'una delle quali è un Bacco et una
Venere, fatti con arte maravigliosa e con giudizio. È il Bacco un giovinetto
nudo, tanto tenero, delicato e dolce, che par di carne veramente e
palpabile, e più tosto vivo che dipinto. Et intorno a esso sono alcuni vasi
finti d'oro, d'argento, di cristallo e di diverse pietre finissime, tanto
stravaganti e con tante bizzarrie attorno, che resta pieno di stupore
chiunche vede quest'opera con tante invenzioni. Vi è anco fra l'altre cose,
un satiro, che lieva una parte d'un padiglione, la testa del quale è di
maravigliosa bellezza in quella sua strana cera caprina, e massimamente,