Page 832 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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similmente parigino, maestro Lorenzo Piccardo et altri molti. Ma il migliore
di tutti fu Domenico del Barbieri, che è pittore e maestro di stucchi
eccellentissimo e disegnatore straordinario, come ne dimostrano le sue
opere stampate, che si possono annoverare fra le migliori che vadano a

torno. I pittori parimenti, che egli adoperò nelle dette opere di
Fontanableò, furono Luca Penni fratello di Giovan Francesco detto il
Fattore, il quale fu discepolo di Raffaello da Urbino; Lionardo fiamingo,
pittore molto valente, il quale conduceva bene affatto con i colori i disegni

del Rosso; Bartolomeo Miniati fiorentino; Francesco Caccianimici e
Giovambatista da Bagnacavallo, i quali ultimi lo servirono mentre
Francesco Primaticcio andò per ordine del re a Roma a formare il Laoconte,
l'Apollo e molte altre anticaglie rare, per gettarle di bronzo. Tacerò

gl'intagliatori, i maestri di legname et altri infiniti di quali si servì il Rosso in
queste opere, perché non fa di bisogno ragionare di tutti, come che molti di
loro facessero opere degne di molta lode. Lavorò di sua mano il Rosso,
oltre le cose dette, un S. Michele che è cosa rara. Et al connestabile fece

una tavola d'un Cristo morto, cosa rara che è a un suo luogo chiamato
Ceuan, e fece anco di minio a quel re cose rarissime. Fece appresso un
libro di notomie per farlo stampare in Francia, del quale sono alcuni pezzi
di sua mano nel nostro libro de' disegni; si trovarono anco fra le sue cose,

dopo che fu morto, due bellissimi cartoni: in uno de' quali è una Leda che è
cosa singolare, e nell'altro la Sibilla Tiburtina che mostra a Ottaviano
imperadore la Vergine gloriosa con Cristo nato in collo. Et in questo fece il
re Francesco, la reina, la guardia et il popolo con tanto numero di figure, e

sì ben fatte, che si può dire con verità che questa fusse una delle belle
cose che mai facesse il Rosso. Il quale fu per queste opere, et altre molte
che non si sanno, così grato al re, che egli si trovava poco avanti la sua
morte avere più di mille scudi d'entrata, senza le provisioni dell'opera, che

erano grossissime. Di maniera che non più da pittore, ma da principe
vivendo, teneva servitori assai, cavalcature, et aveva la casa fornita di
tapezzerie e d'argenti, et altri fornimenti e masserizie di valore; quando la
fortuna, che non lascia mai o rarissime volte lungo tempo in alto grado chi

troppo si fida di lei, lo fece nel più strano modo del mondo capitar male:
perché, praticando con esso lui, come dimestico e familiare, Francesco di
Pellegrino fiorentino, il quale della pittura si dilettava et al Rosso era
amicissimo, gli furono rubate alcune centinaia di ducati. Onde il Rosso, non

sospettando d'altri che di detto Francesco, lo fece pigliare dalla corte, e con
esamine rigorose tormentarlo molto. Ma colui, che si trovava innocente,
non confessando altro che il vero, finalmente relassato, fu sforzato, mosso
da giusto sdegno, a risentirsi contra il Rosso del vituperoso carico che da

lui gli era stato falsamente apposto. Perché datogli un libello d'ingiuria, lo
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