Page 878 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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un granchio; et appresso aveva un'altra figura con le mani piene di
papaveri. Questa invenzione, nella quale sono altre belle fantasie e
particolari, e la quale fu condotta da Giovanfrancesco con estremo amore e
diligenza, serve per testiera d'una lettiera di quel signore in un suo

amenissimo luogo detto Santa Maria Stella, presso a Verona. Dipinse il
medesimo al conte Raimondo della Torre tutto un camerino di diverse
storie in figure piccole. E perché si dilettò di far di rilievo, e non solamente
modegli per quelle cose che gli bisognavano e per acconciar panni

addosso, ma altre cose ancora per suo capriccio, se ne veggiono alcune in
casa degl'eredi suoi, e particolarmente una storia di mezzo rilievo che non
è se non ragionevole. Lavorò di ritratti in medaglie, e se ne veggiono
ancora alcuni come quello di Guglielmo marchese di Monferrato, il quale ha

per rovescio un Ercole che amazza... con un motto che dice: "Monstra
domat".

Ritrasse di pittura il conte Raimondo della Torre, Messer Giulio suo fratello
e Messer Girolamo Fracastoro. Ma fatto Giovanfrancesco vecchio, cominciò
a ire perdendo nelle cose dell'arte, come si può vedere in Santa Maria della
Scala ne' portegli degl'organi, e nella tavola della famiglia de' Movi, dove è

un Deposto di croce, et in Santa Nastasia nella capella di San Martino.
Ebbe sempre Giovanfrancesco grande opinione di sé, onde non arebbe
messo in opera per cosa del mondo cosa ritratta da altri, perché volendogli
il vescovo Giovan Matteo Giberti far dipignere in Duomo nella capella

grande alcune storie della Madonna, ne fece fare a Roma a Giulio Romano
suo amicissimo i disegni, essendo datario di papa Clemente Settimo. Ma
Giovanfrancesco, tornato il vescovo a Verona, non volle mai mettere que'
disegni in opera. Là dove il vescovo sdegnato gli fece fare a Francesco

detto il Moro. Costui era d'openione, né in ciò si discostava dal vero, che il
vernicare le tavole le guastasse e le facesse, più tosto che non farieno,
divenir vecchie; e perciò adoperava, lavorando, la vernice negli scuri e certi
olii purgati. E così fu il primo che in Verona facesse bene i paesi, perché se

ne vede in quella città di sua mano che sono bellissimi. Finalmente,
essendo Giovanfrancesco di 76 anni, si morì come buon cristiano, lasciando
assai bene agiati i nipoti e Giovanni Caroti suo fratello, il quale, essendo
stato un tempo a Vinezia, dopo avere atteso all'arte sotto di lui, se n'era a

punto tornato a Verona quando Giovanfrancesco passò all'altra vita; e così
si trovò con i nipoti a vedere le cose che loro rimasero dell'arte, fra le quali
trovarono un ritratto d'un vecchio armato, benissimo fatto e colorito, il
quale fu la miglior cosa che mai fusse veduta di mano di Giovanfrancesco,

e così un quadretto, dentrovi un Deposto di croce, che fu donato al signor
Spitech, uomo di grande autorità appresso al re di Pollonia, il quale allora
era venuto a certi bagni che sono in sul Veronese. Fu sepolto
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