Page 902 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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poi riuscito il maggiore in questa arte che oggidì viva in Italia. Miniò
Girolamo a Candiana una carta d'un Chirie, che è cosa rarissima; et ai
medesimi la prima carta d'un salterio da coro; et in Verona molte cose per
Santa Maria in Organo et ai frati di S. Giorgio. Medesimamente ai monaci

negri di San Nazario, fece in Verona alcun'altri minii bellissimi. Ma quella
che avanzò tutte l'altre opere di costui, che furono divine, fu una carta
dove è fatto di minio il Paradiso terrestre con Adamo et Eva, cacciati
dall'Angelo che è loro dietro con la spada in mano. Né si potria dire quanto

sia grande e bella la varietà degl'alberi che sono in quest'opera, i frutti, i
fiori, gl'animali, gl'uccelli e l'altre cose tutte. La quale stupenda opera fece
fare don Giorgio Cacciamale bergamasco, allora priore in San Giorgio di
Verona, il quale, oltre a molte altre cortesie che usò a Girolamo, gli donò

sessanta scudi d'oro. Quest'opera dal detto padre fu poi donata in Roma a
un cardinale, allora protettore di quella Relligione, il quale mostrandola in
Roma a molti signori, fu tenuta la migliore opera di minio che mai fusse
insin allora stata veduta.

Facea Girolamo i fiori con tanta diligenza, e così veri, belli e naturali, che
parevano ai riguardanti veri. E contrafaceva camei piccoli et altre pietre e

gioie intagliate di maniera che non si poteva veder cosa più simile, né più
minuta. E fra le figurine sue se ne veggiono alcune, come in camei et altre
pietre finte, che non sono più grandi che una piccola formica, e si vede
nondimeno in loro tutte le membra e tutti i muscoli tanto bene, che a pena

si può credere da chi non gli vede. Diceva Girolamo, nell'ultima sua
vecchiezza, che allora sapea più che mai avesse saputo in quest'arte e
dove aveano ad andare tutte le botte, ma che poi nel maneggiar il
pennello gl'andavano a contrario, perché non lo serviva più né l'occhio, né

la mano.
Morì Girolamo l'anno 1555 a due dì di luglio d'età d'anni ottantatré e fu

sepolto in San Nazario nelle sepolture della Compagnia di San Biagio. Fu
costui persona molto da bene, né mai ebbe lite né travaglio con persona
alcuna, e fu di vita molto innocente. Ebbe fra gl'altri un figliuolo chiamato

Francesco, il quale imparò l'arte da lui e fece, essendo anco giovinetto,
miracoli nel miniare, in tanto che Girolamo affermava di quell'età non aver
saputo tanto quanto il figliuolo sapeva. Ma gli fu costui sviato da un fratello
della madre il quale, essendo assai ricco e non avendo figliuoli, se lo tirò
appresso, facendolo attendere in Vicenza alla cura d'una fornace di vetri

che facea fare. Nel che, avendo speso Francesco i migliori anni, morta la
moglie del zio, cascò da ogni speranza e si trovò aver perso il tempo,
perché presa colui un'altra moglie n'ebbe figliuoli. E così non fu altrimenti

Francesco, sì come s'avea pensato, erede del zio. Per che rimessosi all'arte
dopo sei anni et imparato qualche cosa, si diede a lavorare, e, fra l'altre
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