Page 999 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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per ispalliera, fece l'istoria di Mosè quando passa il Mar Rosso e che
faraone si sommerge in quello co' suoi cavalli e co' suoi carri: dove Perino
fece attitudini bellissime di figure, chi nuota armato e chi ignudo, altri,
abbracciando il collo a' cavalli, bagnati le barbe et i capelli, nuotano e

gridano per la paura della morte, cercando il più che possono di scampare;
da l'altra parte del mare vi è Mosè, Aron e gli altri Ebrei, maschi e
femmine, che ringraziano Iddio; et un numero di vasi, ch'egli finge che
abbino spogliato l'Egitto, con bellissimi garbi e varie forme, e femine con

acconciature di testa molto varie, la quale finita lasciò per amorevolezza a
ser Raffaello; al quale fu cara tanto, quanto se gli avesse lassato il priorato
di San Lorenzo. La qual tela fu tenuta di poi in pregio e lodata, e dopo la
morte di ser Raffaello rimase, con le altre sue robe, a Domenico di Sandro,

pizzicagnolo, suo fratello.
Partendo dunque di Firenze, Perino lasciò in abbandono l'opera de' Martiri,

della quale rincrebbe grandemente; e certo se ella fusse stata in altro
luogo che in Camaldoli, l'arebbe egli finita; ma considerato che gli uffiziali
della sanità avevano preso per gli appestati lo stesso convento di
Camaldoli, volle più tosto salvare sé che lasciar fama in Fiorenza,

bastandoli aver mostrato quanto e' valeva nel disegno. Rimase il cartone e
l'altre sue robe a Giovanni di Goro orefice suo amico, che si morì nella
peste; e dopo lui pervenne nelle mani del Piloto, che lo tenne molti anni
spiegato in casa sua, mostrandolo volentieri a ogni persona d'ingegno

come cosa rarissima; ma non so già dove e' si capitasse dopo la morte del
Piloto. Stette fuggiasco molti mesi dalla peste Perino in più luoghi, né per
questo spese mai il tempo indarno che egli continovamente non
disegnasse e studiasse cose dell'arte; e cessata la peste se ne tornò a

Roma et attese a far cose piccole, le quali io non narrerò altrimenti.
Fu l'anno 1523 creato papa Clemente Settimo, che fu un grandissimo

refrigerio all'arte della pittura e della scultura, state da Adriano Sesto,
mentre che e' visse, tenute tanto basse, che non solo non si era lavorato
per lui niente, ma non se ne dilettando, anzi più tosto avendole in odio, era

stato cagione che nessuno altro se ne dilettasse, o spendesse, o
trattenesse nessuno artefice, come si è detto altre volte. Per il che Perino
allora fece molte cose nella creazione del nuovo Pontefice.

Deliberandosi poi di far capo de l'arte, in cambio di Raffaello da Urbino già
morto, Giulio Romano e Giovan Francesco detto il Fattore, acciò che
scompartissino i lavori agli altri secondo l'usato di prima, Perino, che aveva

lavorato un'arme del Papa in fresco col cartone di Giulio Romano sopra la
porta del cardinal Ceserino, si portò tanto egregiamente, che dubitarono
non egli fusse anteposto a loro, perché, ancora che egli avessino nome di
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