Page 1019 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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e con loro è Dionisio tiranno di Sicilia. Et allato a questi siede Bruto, che
per zelo della patria condannò a morte due suoi figliuoli perché cercavano
di far tornare alla patria i Tarquini. Quest'opera, adunque, veramente
singolare, fece conoscere a' sanesi la virtù e valore di Domenico, il quale

mostrò in tutte le sue azzioni arte, giudizio et ingegno bellissimo.
Aspettandosi, la prima volta che venne in Italia l'imperator Carlo V, che

andasse a Siena per averne dato intenzione agl'ambasciadori di quella
republica, fra l'altre cose che si fecero magnifiche e grandissime per
ricevere un sì grande imperatore, fece Domenico un cavallo di tondo
rilievo, di braccia otto, tutto di carta pesta e voto dentro. Il peso del qual

cavallo era retto da un'armadura di ferro e sopra esso era la statua di esso
imperador armato all'antica con lo stocco in mano, e sotto aveva tre figure
grandi, come vinte da lui, le quali anche sostenevano parte del peso,
essendo il cavallo in atto di saltare e con le gambe dinanzi alte in aria, e le

dette tre figure rapresentavano tre provincie state da esso imperador
domate e vinte. Nella quale opera mostrò Domenico non intendersi meno
della scultura che si facesse della pittura. A che si aggiugne che tutta
quest'opera aveva messa sopra un castel di legname alto quattro braccia,

con un ordine di ruote sotto, le quali mosse da uomini dentro, erano fatte
caminare. Et il disegno di Domenico era che questo cavallo, nell'entrata di
Sua Maestà, essendo fatto andare come s'è detto, l'accompagnasse dalla
porta infino al palazzo de' Signori e poi si fermasse in sul mezzo della

piazza. Questo cavallo, essendo stato condotto da Domenico a fine, che
non gli mancava se non esser messo d'oro, si restò a quel modo, perché
Sua Maestà per allora non andò altrimenti a Siena, ma coronatasi in
Bologna si partì d'Italia e l'opera rimase imperfetta. Ma nondimeno fu

conosciuta la virtù et ingegno di Domenico, e molto lodata da ognuno
l'eccellenza e grandezza di quella machina, la quale stette nell'Opera del
Duomo da questo tempo insino a che, tornando Sua Maestà dall'impresa
d'Africa vittoriosa, passò a Messina e di poi a Napoli, Roma e finalmente a

Siena, nel qual tempo fu la detta opera di Domenico messa in sulla piazza
del Duomo, con molta sua lode.

Spargendosi dunque la fama della virtù di Domenico, il prencipe Doria, che
era con la corte, veduto che ebbe tutte l'opere che in Siena erano di sua
mano, lo ricercò che andasse a lavorare a Genova nel suo palazzo, dove
avevano lavorato Perino del Vaga, Giovan Antonio da Pordenone e

Girolamo da Trevisi. Ma non poté Domenico prometter a quel signore
d'andare a servirlo allora, ma sì bene altra volta, per avere in quel tempo
messo mano a finir nel Duomo una parte del pavimento di marmo, che già

Duccio pittor sanese aveva con nuova maniera di lavoro cominciato. E
perché già erano le figure e storie in gran parte disegnate in sul marmo, et
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