Page 1029 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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et astretto Giovanni Antonio a restituire i danari, se gl'amici e
particolarmente Giorgio Vasari, che stimò trecento scudi quello che avea
lasciato finito il Rosso, non l'avessero aiutato, sarebbe Giovan Antonio poco
meno che rovinato per fare onore et utile alla patria. Passati que' travagli,

fece il Lappoli per l'abbate Camaiani di Bibbiena, a Santa Maria del Sasso,
luogo de' frati predicatori in Casentino, in una cappella nella chiesa di
sotto, una tavola a olio dentrovi la Nostra Donna, San Bartolomeo e S.
Matia; e si portò molto bene contrafacendo la maniera del Rosso. E ciò fu

cagione che una Fraternita in Bibbiena gli fece poi fare, in un gonfalone da
portare a processione, un Cristo nudo con la croce in ispalla, che versa
sangue nel calice, e dall'altra banda una Nunziata, che fu delle buone cose
che facesse mai. L'anno 1534, aspettandosi il duca Alessandro de' Medici in

Arezzo, ordinarono gl'Aretini e Luigi Guicciardini commessario in quella
città, per onorare il Duca, due comedie. D'una erano festaiuoli e n'avevano
cura una compagnia de' più nobili giovani della città che si facevano
chiamare gl'Umidi, e l'apparato e scena di questa, che fu una comedia degli

Intronati da Siena, fece Niccolò Soggi, che ne fu molto lodato, e la comedia
fu recitata benissimo e con infinita sodisfazione di chiunque la vidde.
Dell'altra erano festaiuoli a concorrenza un'altra compagnia di giovani
similmente nobili, che si chiamava la Compagnia degl'Infiammati. Questi

dunque, per non esser meno lodati che si fussino stati gl'Umidi, recitando
una comedia di Messer Giovanni Polastra, poeta aretino, guidata da lui
medesimo, fecero far la prospettiva a Giovan Antonio, che si portò
sommamente bene. E così la comedia fu con molto onore di quella

compagnia e di tutta la città recitata. Né tacerò un bel capriccio di questo
poeta, che fu veramente uomo di bellissimo ingegno. Mentre che si durò a
fare l'apparato di queste et altre feste, più volte si era fra i giovani dell'una
e l'altra Compagnia, per diverse cagioni e per la concorrenza, venuto alle

mani e fattosi alcuna quistione, per che il Polastra, avendo menato la cosa
secretamente affatto, ragunati che furono i popoli e i gentiluomini e le
gentildonne dove si aveva la comedia a recitare, quattro di que' giovani,
che altre volte si erano per la città affrontati, usciti con le spade nude e le

cappe imbracciate, cominciarono in sulla scena a gridare e fingere
d'ammazzarsi, et il primo che si vidde di loro uscì con una tempia
fintamente insanguinata gridando: "Venite fuora, traditori". Al quale
rumore, levatosi tutto il popolo in piedi e cominciandosi a cacciar la mano

all'armi, i parenti de' giovani, che mostravano di tirarsi coltellate terribili,
correvano alla volta della scena, quando il primo che era uscito, voltosi
agl'altri giovani, disse: "Fermate, signori; rimettete dentro le spade, che
non ho male et ancora che siamo in discordia e crediate che la comedia

non si faccia, ella si farà, e così ferito come sono, vo cominciare il prologo".
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