Page 1037 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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Niccolò e da lui partitosi Domenico, che s'ebbe a dare dagli uomini della
Compagnia del Corpo di Cristo di quella città a dipignere una tavola per
l'altare maggiore della chiesa di San Domenico, per che disiderando di farla
Niccolò e parimente Giorgio Vasari allora giovinetto, fece Niccolò quello che

per aventura non farebbono oggi molti dell'arte nostra. E ciò fu che,
veggendo egli, il quale era uno degli uomini della detta Compagnia, che
molti per tirarlo inanzi si contentavano di farla fare a Giorgio e che egli
n'aveva disiderio grandissimo, si risolvé, veduto lo studio di quel giovinetto,

deposto il bisogno e disiderio proprio, di far sì che i suoi compagni
l'allogassino a Giorgio; stimando più il frutto che quel giovane potea
riportare di quell'opera, che il suo proprio utile et interesse. E come egli
volle, così fecero a punto gli uomini di detta Compagnia. In quel mentre

Domenico Giuntalochi essendo andato a Roma, fu di tanto benigna la
fortuna che, conosciuto da don Martino ambasciatore del re di Portogallo,
andò a star seco e gli fece una tela, con forse venti ritratti di naturale, tutti
suoi familiari et amici e lui in mezzo di loro a ragionare. La quale opera

tanto piacque a don Martino, che egli teneva Domenico per lo primo pittore
del mondo. Essendo poi fatto don Ferrante Gonzaga viceré di Sicilia e
desiderando per fortificare i luoghi di quel regno d'avere appresso di sé un
uomo che disegnasse e gli mettesse in carta tutto quello che andava

giornalmente pensando, scrisse a don Martino che gli provedesse un
giovane, che in ciò sapesse e potesse servirlo, e quanto prima glielo
mandasse. Don Martino adunque, mandati prima certi disegni di mano di
Domenico a don Ferrante, fra i quali era un colosseo, stato intagliato in

rame da Girolamo Fagiuoli bolognese per Antonio Salamanca, che l'aveva
tirato in prospettiva Domenico, et un vecchio nel carruccio disegnato dal
medesimo e stato messo in stampa, con lettere che dicono: Ancora
imparo; et in quadretto il ritratto di esso don Martino, gli mandò poco

appresso Domenico, come volle il detto signor don Ferrante, al quale erano
molto piacciute le cose di quel giovane.

Arrivato dunque Domenico in Sicilia, gli fu assegnata orrevole provisione e
cavallo e servitore a spese di don Ferrante, né molto dopo fu messo a
travagliare sopra le muraglie e fortezze di Sicilia, là dove lasciato a poco a
poco il dipignere, si diede ad altro, che gli fu per un pezzo più utile, perché,

servendosi come persona d'ingegno d'uomini che erano molto a proposito,
per far fatiche con tener bestie da soma in man d'altri, e far portar rena,
calcina e far fornaci, non passò molto che si trovò avere avanzato tanto
che poté comperare in Roma ufficii per duemila scudi, e poco appresso

degl'altri. Dopo, essendo fatto guardaroba di don Ferrante, avvenne che
quel signor fu levato dal governo di Sicilia e mandato a quello di Milano,
per che andato seco Domenico, adoperandosi nelle fortificazioni di quello
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