Page 1042 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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bolognese, si ricordò che per Bologna si cercava d'un giovane che lavorasse
bene, per metterlo a far figure e storie di marmo nella facciata di San
Petronio, chiesa principale di quella città, per che ragionato col Tribolo e
veduto delle sue opere che gli piacquero e parimenti i costumi e l'altre

qualità del giovane, lo condusse a Bologna, dove egli con molta diligenza e
con molta sua lode fece in poco tempo le due sibille di marmo, che poi
furono poste nell'ornamento della porta di San Petronio che va allo spedale
della Morte. Le quali opere finite, trattandosi di dargli a fare cose maggiori,

mentre si stava molto amato e carezzato da Messer Bartolomeo, cominciò
la peste dell'anno 1525 in Bologna e per tutta la Lombardia, onde il
Tribolo, per fuggir la peste se ne venne a Firenze e statoci quanto durò
quel male contagioso e pestilenziale, si partì cessato che fu e se ne tornò,

essendo là chiamato, a Bologna dove Messer Bartolomeo non gli lasciando
metter mano a cosa alcuna per la facciata, si risolvette, essendo morti
molti amici suoi e parenti, a far fare una sepoltura per sé e per loro; e così
fatto fare il modello, il quale volle vedere Messer Bartolomeo, anzi che

altro facesse, compìto, andò il Tribolo stesso a Carrara a far cavar i marmi,
per abozzargli in sul luogo e sgravargli, di maniera che non solo fusse
(come fu) più agevole al condurgli, ma ancora acciò che le figure
riuscissero maggiori.

Nel qual luogo per non perder tempo abozzò due putti grandi di marmo, i
quali così imperfetti essendo stati condotti a Bologna per some con tutta

l'opera, furono, sopragiugnendo la morte di Messer Bartolomeo, la quale fu
di tanto dolor cagione al Tribolo, che se ne tornò in Toscana, messi con gli
altri marmi in una cappella di San Petronio, dove ancora sono. Partito
dunque il Tribolo da Carrara, nel tornare a Firenze, andando in Pisa a

visitar maestro Stagio da Pietra Santa scultore suo amicissimo, che
lavorava nell'Opera del Duomo di quella città due colonne con i capitelli di
marmo, tutti traforati, che mettendo in mezzo l'altar maggiore et il
tabernacolo del Sagramento, doveva ciascuna di loro aver sopra il capitello

un Angelo di marmo alto un braccio e tre quarti con un candeliere in mano,
tolse, invitato dal detto Stagio, non avendo allora altro che fare, a far uno
de' detti Angeli, e quello, finito con tanta perfezzione con quanta si può di
marmo finir perfettamente un lavoro sottile e di quella grandezza, riuscì di

maniera, che più non si sarebbe potuto desiderare; perciò che mostrando
l'Angelo col moto della persona, volando essersi fermo a tener quel lume,
ha l'ignudo certi panni sottili intorno, che tornano tanto graziosi e
rispondono tanto bene per ogni verso e per tutte le vedute, quanto più non

si può esprimere. Ma avendo in farlo consumato il Tribolo, che non pensava
se non alla dilettazione dell'arte, molto tempo, e non avendone
dall'Operaio avuto quel pagamento che si pensava, risolutosi a non voler
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