Page 1084 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
P. 1084
maestro Iacopo della Barba fiorentino, riuscirono ottimamente. Di poi le
donò a Sua Santità et a molti signori, delle quali ora ne sono alcune nello
scrittoio del duca Cosimo, fra un numero di più di cento antiche, tutte rare,
e d'altre moderne.
Aveva Baccio in questo tempo medesimo fatto una storia di figure piccole
di basso e mezzo rilievo d'una Deposizione di croce, la quale fu opera rara
e la fece con gran diligenza gettare di bronzo: così finita la donò a Carlo
Quinto di Genova, il quale la tenne carissima e di ciò fu segno che sua
maestà dette a Baccio una commenda di San Iacopo e lo fece cavaliere.
Ebbe ancora dal principe Doria molte cortesie, e dalla republica di Genova
gli fu allogato una statua di braccia sei di marmo, la quale doveva essere
un Nettunno in forma del principe Doria, per porsi in su la piazza in
memoria delle virtù di quel principe e de' benefizii grandissimi e rari, i quali
la sua patria Genova aveva ricevuti da lui. Fu allogata questa statua a
Baccio per prezzo di mille fiorini, de' quali ebbe allora cinquecento, e subito
andò a Carrara per abbozzarla alla cava del Polvaccio.
Mentre che 'l governo popolare, dopo la partita de' Medici, reggeva Firenze,
Michelagnolo Buonarroti fu adoperato per le fortificazioni della città, e fugli
mostro il marmo che Baccio aveva scemato insieme col modello d'Ercole e
Cacco, con intenzione che se il marmo non era scemato troppo,
Michelagnolo lo pigliasse e vi facesse due figure a modo suo. Michelagnolo,
considerato il sasso, pensò un'altra invenzione diversa, e lasciato Ercole e
Cacco, prese Sansone che tenesse sotto due Filistei abbattuti da lui, morto
l'uno del tutto e l'altro vivo ancora, al quale menando un marrovescio con
una mascella di asino, cercasse di farlo morire. Ma come spesso avviene
che gli umani pensieri talora si promettono alcune cose, il contrario delle
quali è determinato dalla sapienza d'Iddio, così accade allora perché,
venuta la guerra contro alla città di Firenze, convenne a Michelagnolo
pensare ad altro che a pulir marmi, et ebbesi per paura de' cittadini a
discostare dalla città. Finita poi la guerra e fatto l'accordo, papa Clemente
fece tornare Michelagnolo a Firenze a finire la sagrestia di San Lorenzo e
mandò Baccio a dar ordine di finire il gigante, il quale mentre che egli era
intorno, aveva preso le stanze nel palazzo de' Medici, e per parere
affezzionato scriveva quasi ogni settimana a Sua Santità entrando, oltre
alle cose dell'arte, ne' particolari de' cittadini e di chi ministrava il governo,
con uffici odiosi e da recarsi più malivolenza addosso che egli non aveva
prima. Là dove al duca Alessandro tornato dalla corte di sua maestà in
Firenze furono da' cittadini mostrati i sinistri modi che Baccio verso di loro
teneva, onde ne seguì che l'opera sua del gigante gli era da' cittadini
impedita e ritardata quanto da loro far si poteva. In questo tempo, dopo la
guerra d'Ungheria, papa Clemente e Carlo imperadore abboccandosi in