Page 1087 - Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti_ 9 (Classici) (Italian Edition)
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che mai sia stato fatto, nel quale è tutta grazia e bontà, dove la maniera di
Baccio è tutta diversa. Ma veramente considerando l'Ercole di Baccio da sé,
non si può se non grandemente lodarlo e tanto più, vedendo che molti
scultori di poi hanno tentato di far statue grandi e nessuno è arrivato al

segno di Baccio; il quale se dalla natura avesse ricevuta tanta grazia et
agevolezza, quanta da sé si prese fatica e studio, egli era nell'arte della
scultura perfetto interamente.

Desiderando lui di sapere ciò che dell'opera sua si diceva, mandò in piazza
un pedante, il quale teneva in casa, dicendogli che non mancasse di
riferirgli il vero di ciò che udiva dire. Il pedante non udendo altro che male,

tornato malinconoso a casa e domandato da Baccio, rispose che tutti per
una voce biasimano i giganti e che e' non piacciono loro. "E tu che ne di'?",
disse Baccio. Rispose: "Dicone bene e che e' mi piacciono per farvi
piacere". "Non vo' ch'e' ti piacciano", disse Baccio "e dì pur male ancora tu,

che come tu puoi ricordarti, io non dico mai bene di nessuno. La cosa va
del pari." Dissimulava Baccio il suo dolore e così sempre ebbe per costume
di fare, mostrando di non curare del biasimo che l'uomo alle sue cose
desse. Nondimeno egli è verisimile che grande fusse il suo dispiacere,

perché coloro che s'affaticano, per l'onore e di poi ne riportano biasimo, è
da credere, ancor che indegno sia il biasimo et a torto, che ciò nel cuor
segretamente gli affligga e di continovo gli tormenti. Fu racconsolato il suo
dispiacere da una possessione, la quale oltre al pagamento gli fu data per

ordine di papa Clemente. Questo dono doppiamente gli fu caro e per l'utile
et entrata e perché era allato alla sua villa di Pinzerimonte, e perché era
prima di Rignadori allora fatto ribello e suo mortale nimico, col quale aveva
sempre conteso per conto de' confini di questo podere. In questo tempo fu

scritto al duca Alessandro dal principe Doria che operasse con Baccio che la
sua statua si finisse, ora che il gigante era del tutto finito, e che era per
vendicarsi con Baccio se egli non faceva il suo dovere. Di che egli impaurito
non si fidava d'andare a Carrara, ma pur dal cardinal Cibo e dal duca

Alessandro assicurato v'andò, e lavorando con alcuni aiuti tirava innanzi la
statua. Teneva conto giornalmente il principe di quanto Baccio faceva;
onde, essendogli riferito che la statua non era di quella eccellenza che gli
era stato promesso, fece intendere il principe a Baccio che se egli non lo

serviva bene che si vendicherebbe seco. Baccio sentendo questo, disse
molto male del principe, il che tornatogli all'orecchie, era risoluto d'averlo
nelle mani per ogni modo e di vendicarsi col fargli gran paura della galea.
Per la qual cosa vedendo Baccio alcuni spiamenti di certi che l'osservavano,

entrato di ciò in sospetto, come persona accorta e risoluta, lasciò il lavoro
così come era e tornossene a Firenze.

Nacque circa questo tempo a Baccio d'una donna, la quale egli tenne in
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